Una svolta nelle trattative di Durban potrebbe essere stata impressa nelle ultime 24 ore. Anche se siamo ancora lontani dal trovare un accordo reale, due eventi hanno cambiato la storia del meeting. Prima di tutto c’è stata una presa di posizione dell’Unione Europea che, attraverso Joanna Mackowiak-Pandera, sottosegretario all’Ambiente della Polonia che ha parlato a nome dell’Ue, ha preso una posizione netta e autoritaria sul problema delle emissioni. E poi c’è stata una sorta di “minaccia” nei confronti di Obama da parte della sua stessa parte politica che gli ha fatto intendere che rischia la rielezione se tornerà dal Sudafrica ancora a mani vuote.
Ma partiamo dal lato europeo. Il Vecchio Continente è da sempre quello che ha mostrato una maggiore apertura verso i trattati internazionali volti alla salvaguardia del clima. Oggi però ha voluto fare la parte del buon padre di famiglia ed ha ripreso a muso duro tutti gli altri Stati che stavano litigando tra loro come dei bambini.
E’ molto importante che altre grandi economie si uniscano allo sforzo. Non avrebbe senso solo per l’Unione Europea assumere un secondo impegno nell’ambito del protocollo di Kyoto. Abbiamo già obiettivi impegnativi, ambiziosi, quindi penso che sia fondamentale che anche gli altri entrino nel protocollo di Kyoto, che so non sarà facile
ha tuonato Mackowiak-Pandera, riprendendo prima di tutti la Cina che è la nazione con la posizione più rigida in questo momento. Ricordiamo infatti che tutti dipendono da ciò che decide di fare il colosso asiatico. Gli Stati Uniti hanno detto che accetterebbero un trattato se lo facesse anche la Cina, ed i Paesi reticenti come Giappone o Canada hanno detto che lo farebbero se accettassero anche gli States.
E i cinesi? Per ora rimangono sulle loro posizioni, e cioè che i Paesi industrializzati devono tagliare le propri emissioni ma non quelli in via di sviluppo, e poco importa se è proprio la Cina il Paese che inquina più di tutti. Per come stanno adesso le cose pare che l’unico obiettivo che si possa raggiungere sarebbe un impegno da parte del negoziatore cinese di ridurre le proprie emissioni, non al livello degli altri Paesi, ma con limiti inferiori. Un po’ poco, ma meglio di niente.
Nel frattempo però qualcosa si muove negli Stati Uniti. Il Paese che da sempre è stato contrario al Protocollo di Kyoto potrebbe imprimere una svolta alle trattative. I gruppi ambientalisti, tra i maggiori sostenitori della prima campagna elettorale di Obama, hanno fatto sapere al presidente americano di non essere affatto contenti della sua politica ambientale, ed in parole povere hanno lasciato intendere che non lo sosterranno se non tornerà da Durban con in mano qualcosa di concreto. Il Sierra Club, uno dei maggiori bacini di voti degli ambientalisti, ha spiegato che nel 2008 Obama dava molta speranza per le politiche climatiche
Tre anni dopo, l’America rischia di essere considerata non come un leader globale sui cambiamenti climatici, ma come uno dei principali ostacoli al progresso. Le posizioni degli Stati Uniti sulle due questioni principali – il mandato per i negoziati futuri ed i finanziamenti per il clima – minacciano di impedire a Durban la cooperazione globale così disperatamente necessaria per affrontare la minaccia del cambiamento climatico
hanno dichiarato in una lettera inviata al segretario di Stato Hillary Clinton, e così esortano i negoziatori americani ad una “maggiore flessibilità”, in particolare per trovare un accordo sulla riduzione dei gas serra.
[Fonte: The Guardian]
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