Come già successo, la storia si ripete. Gli ultimi giorni del congresso sul clima sono quelli che offrono maggiori speranze, per arrivare poi in extremis a far crollare ogni costruzione. Ed è quello che potrebbe essere accaduto ieri, a tre giorni dal fischio finale. A far precipitare i trattati è nuovamente l’India, dopo una leggera apertura qualche giorno prima, la quale ha respinto categoricamente un trattato unico vincolante proposto dall’Europa.
Dopotutto non c’era nemmeno da meravigliarsi visto che India, Cina, Sudafrica e Brasile chiedevano un accordo per i Paesi ricchi ed uno più leggero per quelli in via di sviluppo, ma la chiusura di ieri del Ministro dell’Ambiente indiano è stata molto più dura: non ratifichiamo nulla prima di vedere un accordo vincolante tra i Paesi industrializzati. Ciò che i Paesi in via di sviluppo chiedono è che entro il 2015 quelli ricchi trovino un accordo che parta dal 2020, e solo allora loro sarebbero disponibili ad iniziare le trattative.
Il motivo di questa chiusura sta nel fatto che alcuni dei Paesi poveri, anche quelli che non avevano aderito al Protocollo di Kyoto, erano rimasti all’interno di quei parametri come per un senso di responsabilità (o sarebbe meglio dire per mancanza di fonti di inquinamento), mentre alcuni dei Paesi più ricchi, chiaro riferimento agli Stati Uniti, non hanno fatto la loro parte. Per questo prima di far qualcosa vogliono vedere cosa hanno intenzione di fare loro.
La risposta dell’Europa è una sorta di guanto di sfida: il portavoce del commissario all’Ambiente Connie Hedegaard ha chiesto all’India di redigere una proposta concreta e di fare la sua parte se vuol diventare un Paese industrializzato. Insomma, per lui non basta che i Paesi in via di sviluppo chiedano sforzi agli altri, ma loro stessi devono e possono fare di più. Alla fine della giornata è intervenuta anche la Hedegaard stessa che ha affermato che l’Europa è pronta ad impegnarsi nel prolungamento del protocollo di Kyoto, ma è preoccupata di cosa ha intenzione di fare la Cina dopo che questo trattato verrà ratificato. Il dubbio è che alle promesse non corrispondano i fatti, per questo l’Europa vuole un impegno ufficiale da parte del Governo cinese a cui si aggregheranno anche gli altri.
In chiusura è intervenuto anche Ban-ki moon, segretario delle Nazioni Unite, che si è detto preoccupato che un accordo più debole di quello di Kyoto possa essere trovato, anche se sarebbe inutile, ed inoltre il suo pensiero va al Fondo per l’Ambiente per il sostegno dei Paesi in via di sviluppo che, secondo gli ultimi dati, potrebbe vedere defilarsi almeno una ventina di Stati che, a causa della crisi economica, potrebbero non essere in grado di fare la loro parte. Una posizione di stallo che difficilmente verrà sciolta prima dell’ultimissimo momento dei colloqui, e forse nemmeno allora.
[Fonte: The Guardian]
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