Le parole del Premier italiano al congresso delle Nazioni Unite sul clima sono state le solite già note: insignificanti richiami all’unità senza dati nè soluzioni. Per fortuna c’è anche qualcuno che parla chiaro e porta a conoscenza del mondo qualche novità. E’ il caso del primo ministro britannico Gordon Brown, il quale ha avvertito che il mondo sta entrando nei sei mesi più critici che è probabile servano per testare la volontà dei leader mondiali nel far qualcosa, ancor più di quanto hanno fatto durante la recente crisi economica.
Parlando all’assemblea generale dell’Onu a New York, Brown ha detto che i leader mondiali hanno mostrato il coraggio morale di fronte alle sfide e, per la prima volta nella storia umana,
hanno creato una società davvero globale. La grande lezione dell’anno scorso è che solo l’azione audace ha impedito che una recessione globale potesse diventare una depressione. Abbiamo espresso un risposta coordinata a livello fiscale e monetaria che, secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha salvato 7-11 milioni di posti di lavoro.
Brown ha parlato dopo altri leader mondiali, come il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale ha definito la propria agenda politica basata su cinque nuove grandi sfide per i prossimi sei mesi: migliorare la situazione della fame in Africa, lotta contro la proliferazione nucleare, lotta al cambiamento climatico, mettere fine alla recessione e al terrorismo. Su tutti e cinque i problemi, ha detto che il mondo è in”un punto di non ritorno”.
La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in dicembre a Copenaghen, lo stesso Obama la descrive come “il prossimo grande banco di prova della nostra cooperazione su scala mondiale”.
Se perdiamo questa occasione per proteggere il nostro pianeta, non possiamo sperare in una seconda possibilità in futuro. Non ci sarà alcun accordo per riparare il danno che abbiamo causato. Questo è il momento per limitare e invertire il cambiamento climatico che stiamo infliggendo alle generazioni future. Se i più poveri e più vulnerabili saranno in grado di adattarsi, se le economie emergenti stanno per intraprendere percorsi di sviluppo a basso tasso di carbonio, se i popoli delle foreste stanno cercando di rallentare e fermare la deforestazione, i Paesi più ricchi devono contribuire finanziariamente.
Fonte: [Guardian]