La buona notizia è che alla conferenza di Doha un minimo di accordo si è trovato. La cattiva è che (per ora) non è sufficiente. Certo, sempre meglio di niente, ma gli effetti del riscaldamento globale si faranno sentire ugualmente. Sì perché di fronte al rifiuto dei Paesi che non hanno ratificato il primo Protocollo di Kyoto e allo “sfilarsi” di altri come il Canada, la Russia ed il Giappone, i Paesi restanti non si sono fatti scoraggiare ma hanno deciso di ratificare il Kyoto 2 tra di loro.
Europa, comprendendo anche la Svizzera e la Norvegia che non erano molto ben propense a firmare l’accordo, e l’Australia, anche lei molto scettica, si sono accordate per prolungare il protocollo di Kyoto a partire dal 2020, anche se i parametri precisi verranno stabiliti non prima del prossimo anno. La speranza è che gli altri Paesi, vedendo la volontà di questi e rendendosi conto di quanti disastri naturali stiano creando queste politiche di inquinamento, si uniscano a questo gruppetto nei prossimi anni. Dal 2015 infatti il Protocollo verrà ufficialmente ratificato, e si spera che l’elenco delle nazioni che l’avranno firmato sia molto più lungo di quello che è ora.
Oltre al taglio delle emissioni, si è deciso anche che il Fondo Verde, quello che serve a finanziare la transizione verso le tecnologie più sostenibili dei Paesi in Via di Sviluppo, si farà. Il problema è vedere se poi sarà rispettato. Sì perché a fronte di un impegno totale da 100 miliardi di dollari, da raggiungere entro il 2020, per ora si sono racimolati solo 8 miliardi. Ne mancano 92 in 7 anni, ce la faremo?
A parole sì. Anche i Paesi che non hanno aderito agli accordi, vedi Stati Uniti, Cina e Brasile, giusto per citare i principali, si sono detti possibilisti su tutto. Ma poi si sa che quando c’è da fare i fatti, le cose cambiano.
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