Una proposta shock effettuata da tre scienziati su Nature è destinata, se non a risolverlo, almeno a riportare il dibattito sulla mattanza delle balene. Secondo gli autori di un articolo recentemente apparso sulla rivista scientifica, per risolvere il problema dell’uccisione delle balene basterebbe assegnare ad ogni esemplare una quota, la quale entrerebbe in un mercato come qualsiasi altra merce. L’idea è di salvaguardare le balene a prezzi inferiori rispetto a quanto le associazioni animaliste oggi non spendano per contrastare la caccia. Ma come vedremo, non tutto è stato previsto.
Il meccanismo ipotizzato dall’economista Christopher Costello e dai biologi marini Steven Gaines dell’Università della California di Santa Barbara e Leah Gerber dell’Università dell’Arizona di Tempe prevede che le balene siano in un certo senso quotate come le azioni: io acquisto una balena ad un euro, un cacciatore può acquistare il diritto di cacciarla a due, ma una terza persona può superare la sua offerta per salvarla a tre e così via.
La nostra proposta è quella di lanciare un percorso alternativo che potrebbe far uscire dallo stallo: quote che possono essere comprate e vendute, creando un mercato economicamente, ecologicamente e socialmente sostenibile per cacciatori di balene e balene.
L’idea è venuta dopo il fallimento del precedente accordo tra le nazioni che si oppongono alla caccia delle balene (cioè tutte) ed il Giappone che ufficialmente la autorizza a scopi scientifici, che prevedeva un tetto massimo al numero di esemplari cacciabili. Ma come purtroppo sappiamo, questo accordo non è mai stato rispettato. Purtroppo, anche se in linea di principio l’idea non è male, è l’applicabilità che pecca un po’, e questo un economista dovrebbe pur saperlo.
Ad esempio chi ha il diritto di detenere le quote da immettere sul mercato? Quando una persona vuole acquistare i diritti su una balena per la prima volta, a chi dovrà versare il denaro? E poi, se tutte le quote di tutte le balene fossero acquistate dai cacciatori, non rischiamo di ritrovarci in breve tempo con un’intera specie estinta? E se invece, nella migliore delle ipotesi, le quote fossero acquistate dai “difensori delle balene”, chi vieterà ai cacciatori di cacciarle ugualmente? Serviranno sempre dei volontari, come quelli di Sea Shepherd o di Greenpeace, che controllano, ma se loro avranno speso tutti i loro fondi per acquistare le balene, come potranno inseguire le baleniere per tutto l’oceano? Domande che forse i tre scienziati avrebbero potuto porsi prima di pubblicare l’articolo.
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