L’olio del frutto della palma viene ampiamente impiegato nell’industria cosmetica, alimentare e nella produzione di biocarburanti.
L’espansione delle piantagioni di palma da olio nelle foreste torbiere indonesiane viene praticata drenando il terreno con un reticolo di canali. Questi vengono inizialmente impiegati come via per il trasporto dei tronchi di valore commerciale rimossi dalla foresta, quindi vengono svuotati per far defluire l’acqua e prosciugare il terreno. Malgrado questa pratica sia vietata, la biomassa residua viene normalmente rimossa con il fuoco immettendo nell’atmosfera immani quantità di CO2.
La foto sopra mostra una colata di dieci tonnellate di olio, finite in mare, in Colombia, a causa di una valvola chiusa male in un impianto di lavorazione.
I portavoce dell’azienda sostengono che non sarebbero affatto nocive e che non avrebbero alcuna conseguenza sull’ecosistema marino, ma i pescatori del luogo hanno affermato di aver visto molti pesci morti galleggiare sull’acqua.
Un’industria che non può certo essere fermata, dal momento che ne va dell’economia di molti Paesi in via di sviluppo.
Quello che andrebbe cambiato è il modo di sfruttare le risorse. Non ci può proprio essere un equilibrio tra profitto industriale ed impatto ambientale? Trovarlo è la chiave della risoluzione ai problemi ecologici attuali. Uno sforzo che dovrebbe vedere unite non solo associazioni di attivismo ambientale come Greenpeace, ma soprattutto le istituzioni, le nazioni ed i singoli cittadini, che non vogliono un clima fritto.
enone 18 Maggio 2008 il 12:28 am
La Foto Della Costa E’ Inquietante!
…Io Ci Manderei I Dirigenti Di Queste Multinazionali A Farsi Un Bel Bagno!
Anonimo 19 Maggio 2008 il 12:31 am
dicono che non sia inquinante, ma i pesci muoiono: non saranno mica intolleranti alla soia?
JudithDob 14 Febbraio 2017 il 4:06 pm
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