Un’idea per visualizzare le più grandi città del mondo come organismi che vivono e respirano può servire per promuovere una profonda comprensione sulla qualità dell’aria. Toccare con mano l’inquinamento nelle megalopoli, rendendosi conto che questo può danneggiare i residenti svolge anche un ruolo importante nel cambiamento climatico globale.
Questa è la conclusione di una relazione sul metabolismo “urbano” modellato sulle megalopoli presentato oggi al 238esimo National Meeting della American Chemical Society (ACS). Charles Kolb riferisce che il concetto di metabolismo urbano esiste da decenni, e vede le grandi città come entità viventi che consumano energia, cibo, acqua e altre materie prime, rilasciando dei rifiuti. Le emissioni includono l’anidride carbonica, il principale gas a effetto serra, le acque reflue ed altri inquinanti come il calore in eccesso che si raccoglie nelle vaste distese di pavimentazione in calcestruzzo ed edifici in pietra.
Gli esseri umani producono direttamente una quota significativa di questi rifiuti, ma le emissioni industriali, sistemi di generazione e trasporto sono i maggiori responsabili dei gas a effetto serra ed altri inquinanti atmosferici. Altri metabolizzatori urbani comprendono i sistemi di depurazione, discariche, animali domestici e parassiti come topi, che in alcune città sono più numerosi delle persone.
Spiega Kolb che:
L’anidride carbonica e altri inquinanti nelle megalopoli contribuiscono notevolmente al cambiamento climatico. Hanno un impatto sul clima sia a livello regionale che globale.
Più della metà della popolazione mondiale oggi vive nelle grandi città, e le aree urbane sono in rapida crescita. Il numero delle megalopoli, aree metropolitane con una popolazione superiore ai 10 milioni di persone, sono cresciute da solo tre nel 1975 a circa 20 di oggi. La maggior parte di esse si trova nei Paesi in via di sviluppo. Le più inquinanti di tutte sono Dhaka (Bangladesh), Il Cairo (Egitto) e Karachi (Pakistan). Alcune megalopoli nelle regioni meno sviluppate di recente hanno attuato delle campagne di qualità di gestione dell’aria che hanno portato a livelli più bassi di inquinamento, come Città del Messico, Pechino, Sao Paulo e Buenos Aires. Anche le più pulite megalopoli come Tokyo/Osaka, New York e Los Angeles hanno ancora gravi problemi.
Il clima caldo e le frequenti inversioni atmosferiche nel Sud della California, per esempio, favoriscono il leggendario problema dello smog di Los Angeles; l’altitudine di Città del Messico produce alti livelli di radiazione ultravioletta solare che produce lo smog fotochimico.
Recenti studi dimostrano che per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo delle particelle di smog, si ottiene circa un aumento del 10% delle morti premature, producendo una diminuzione della speranza di vita media di circa 0,8 anni. Ma sono compresi anche ricoveri in ospedale e casi di asma e bronchite che aumentano.
Controllare la crescita urbana nei Paesi in via di sviluppo è la chiave per migliorare la qualità dell’aria del mondo è stata la conclusione a cui è giunto Kolb.
Fonte: [Sciencedaily]