All’inizio del mese scorso si era diffuso l’allarme per una trentina di cinghiali che erano risultati radioattivi in Valsesia. Il problema era comunque rimasto circoscritto e, dopo qualche giorno di allerta, sembrava rientrato. Ora però si ripresenta più preoccupante di prima dato che pare essersi allargato. Altri 10 cinghiali sono stati trovati positivi al cesio 137, un prodotto della fissione nucleare, in un’area molto ampia, la val d’Ossola, la quale dista una settantina di chilometri dal punto in cui erano stati trovati i vecchi cinghiali radioattivi.
Questa scoperta dunque riaccende l’allarme perché lascia capire che il problema non è circoscritto ad un’area limitata. Le analisi effettuate sulla saliva prelevata dall’Istituto Zooprofilattico di Torino ha rilevato quantitativi troppo elevati di cesio 137 in 8 esemplari della valle Vigezzo ed altri due di valle Anzasca. Il mese scorso invece le analisi su altri 36 esemplari era risultata negativa. Tutte queste rilevazioni dunque restringono il campo per trovare la causa, e danno probabilmente ragione a chi affermava che il problema non poteva essere causato da perdite delle vecchie centrali dismesse del Piemonte.
Ad ogni modo la causa ancora rimane sconosciuta.
Non mi esprimo, prima voglio capire qualcosa di più sulle analisi. Non facciamo allarmismi prima di aver dati più precisi
ha affermato Mauro Fava, presidente del Comprensorio caccia Vco 2. Al momento l’ipotesi che sembra essere più probabile resta una contaminazione legata ancora all’incidente di Chernobyl. Anche se sono passati quasi 30 anni dall’esplosione della centrale sovietica, il cesio 137 trasportato dal vento si dev’essere depositato nelle campagne di mezza Europa, Italia compresa, e così ha finito con il contaminare i cinghiali che si sono cibati di fogliame che conservava ancora l’isotopo attivo. Dimostrazione ulteriore, se mai ce ne fosse bisogno, di quanti danni può creare una centrale nucleare e quanto alla lontana dobbiamo tenerci da questa forma energetica.
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