In Cina sono scomparsi più di 28 mila fiumi dalle mappe sulla base del primo grande censimento nazionale da poco terminato. Secondo il Times oltre la metà dei fiumi di cui prima si aveva notizia oggi non esistono più.
La Cina è continuamente al centro di disastri ambientali, i casi sono davvero numerosi e sebbene talvolta non arrivino a toccare la stampa occidentale, in altre circostanza raggiungono anche le nostre orecchie, come il caso del fiume che passa per Shangai trasformato per giorni in un nastro trasportatore con migliaia e migliaia di carcasse di maiali morti. Ora dopo il primo grande censimento nazionale delle acque risultano spariti, dalle cartine, la bellezza di 28 mila fiumi, mentre sul territorio ne restano ormai “solo” 22.909.
Ma come è possibile? Il Times ha dedicato un approfondimento alla notizia che sta facendo il giro del mondo provocando il disappunto (per usare un eufimismo) degli ecologisti sparsi per il globo. Due sono le motivazioni principali addotte per giustificare questa sparizione massiccia dei fiumi: in primo luogo il riscaldamento globale, in secondo luogo errori commessi dai precedenti incaricati alla cartografia. Ma queste affermazioni sono state criticate duramente dagli ambientalisti che invece vedono come causa, oltre al riscaldamento globale, la situazione disastrosa di dissesto idrogeologico e ambientale in cui versa la nazione più popolosa della Terra.
Insomma, non è solo l’aria a Pechino a essere irrespirabile e il fiume di Shangai a creare sgomento: l’altissimo livello di inquinamento ambientale prodotto dalla Cina, collegato al sostanziale disinteresse per la sostenibilità ambientale, sta portando a cambiamenti veri, profondi e tangibili nell’ampissimo spazio territoriale cinese, e la sparizione dei 28 mila fiumi ne è senz’altro una prova, al di là del fatto che una parte dei corsi fluviali spariti possa essere ascritta a “errori di precedenti cartografi”.
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