La Cina si prepara a costruire nuove centrali a carbone nella provincia del Guangdong, ma Greenpeace rivela uno studio sulle conseguenze della loro costruzione: 16 mila morti nel giro di 40 anni, per lo più per ictus e tumori ai polmoni.
Il carbone uccide: Greenpeace continua a ripeterlo e instancabilmente prosegue la sua battaglia contro la vecchia e sempre pericolosissima fonte fossile. L’associazione ha commissionato uno studio al consulente americano Andrew Gray specializzato in analisi della qualità dell’aria: i risultati mettono davvero i brividi. Sedicimila morti per le 22 nuove centrali a carbone che nasceranno nel Guangdong, in Cina. Si può accettare di continuare a costruire con queste previsioni ben chiare fin dall’inizio?
Al momento parte delle centrali sono già in costruzione, mentre per le altre, circa metà, si ha solo il progetto. E adesso, ci si chiederà, come si regolerà la Cina? Effettivamente i numeri sono davvero terribili e nell’opinione pubblica hanno avuto un loro impatto, e a quanto sembra le autorità starebbero effettivamente ponderando se bloccare almeno le centrali ancora non costruite per realizzarle altrove, forse nella zona del Delta del fiume delle Perle, dove un precedente progetto voleva la nascita di nuove centrali a carbone.
Insomma, il carbone uccide ovunque, e in Cina l’uso del carbone è spropositato. Solo nel 2011 si stimano 3600 morti per l’inquinamento atmosferico prodotto nella provincia del Guangdong e a Hong Kong. E le nuove previsioni di Greenpeace che parlano di 16 mila morti in 40 anni con le prossime centrali a carbone naturalmente vanno ad affiancarsi ai dati sulle malattie e i problemi non mortali generati dalle stesse: 15 mila nuovi casi di asma e 19 mila di bronchite cronica. E non solo.
Non possiamo che continuare a sperare che la Cina riveda le sue politiche energetiche perché la distruzione causata è sotto gli occhi di tutti.
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