Uno dei problemi che colpisce le nostre coste è quello della cementificazione selvaggia. Nell’ottica di salvaguardare le coste e limitare i danni della cementificazione, ove non è possibile abbattere gli ecomostri, si è pensato di riconvertire gli edifici dismessi dei porti commerciali in porti turistici e posti barca. L’intesa, siglata dal ministero dell’Ambiente dagli operatori di settore e dagli enti che gestiscono le aree protette del nostro Paese, non solo punta alla riqualificazione ambientale ma dà nuovo impulso alla nautica sostenibile.
I dossier di Goletta Verde che tracciano un mare pieno di cemento, danno pienamente l’idea e le cifre di com’è la salute e l’aspetto delle nostre coste, eppure qualcosa si muove. Se la riqualificazione ambientale e la sostenibilità spingono i porti turistici verso l’innovazione e la Green economy, non da meno i porti commerciali si tingono di verde e puntano sull’ambiente. Per questo l’iniziativa di riconversione degli edifici dismessi delle aree portuali in porti turistici ha colpito la nostra attenzione. Come spiega Stefano Donati, della Protezione Natura e Mare del Minambiente
I porti in disuso sono un centinaio. La loro riconversione può consentire la creazione di circa 30.000 nuovi posti barca, senza aumentare le superfici cementificate sulle coste.
Una soluzione condivisa da Legambiente perché, come ha dichiarato il vicepresidente Sebastiano Venneri, alla richiesta di nuovi posti barca
si potrebbe rispondere senza aumentare il volume commerciale a terra, riutilizzando le strutture già esistenti. Oggi, invece, la costruzione di porti turistici nasconde speculazioni commerciali, con tutto l’impatto sull’ambiente che ne deriva: erosione delle coste e artificializzazione del litorale con ricadute sull’ecosistema e sull’economia locale.
Il protocollo, nel rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi marini, prevede inoltre campi boa a basso impatto ambientale, ossia posti barca ancorati a largo a cavitelli al fondale e che ogni imbarcazione sia attrezzata per la raccolta delle acque di sentina. Tuttavia è a discrezione dell’acquirente decidere se dotare o meno la sua barca delle casse di raccolta delle acque nere e degli oli esausti; materiali che non sempre possono essere smaltiti nei porti turistici, almeno finora.
[Fonte: Adnkronos]