Troppi porti turistici, troppe strutture, cemento, e persino pannelli solari. Tutto questo comporta una distruzione del territorio che va oltre ogni immaginazione, e per questo è arrivato il momento di intervenire. E’ questo l’appello dell’associazione Italia Nostra, la quale ha deciso di rivolgersi addirittura all’Unesco per denunciare la violazione delle norme territoriali che riguardano le coste italiane.
Lungo tutto lo Stivale, spiegano dall’associazione, sono almeno 35 i luoghi a rischio, sparsi un po’ ovunque, dalla Sardegna alla Liguria, dalle isole minori fino soprattutto alla Sicilia, probabilmente la Regione più martoriata dall’abusivismo e dalla cementificazione senza regole. Un esempio? A Siracusa ci sono ben due progetti portuali, i quali rischiano di far sparire intere distese di uliveti secolari.
Il dossier intitolato Paesaggi Sensibili 2010 riporta la denuncia di Italia Nostra per bocca del suo presidente, Alessandra Mottola Molfino, secondo cui c’è
un assalto grave e inaccettabile al paesaggio italiano. Quello di Siracusa è un caso emblematico, due devastanti progetti portuali da 50.000 metri quadrati, in totale 100.000 mq sottratti al mare.
Senza considerare che il punto in cui questi porti sorgeranno, l’isola di Ortigia, è dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Per questo verrà presentato un esposto per segnalare la violazione del vincolo paesaggistico. Uno scempio che, se in Sicilia è molto evidente, colpisce purtroppo altre grandi fette del Paese come il porto etrusco di Palamone (in Toscana), l’agro-pontino laziale distrutto dall’edificazione abusiva nell’area delle dune sabbiose, o la costa Viola calabrese (da Reggio Calabria a Palmi), e la costa adriatica dall’Abruzzo al Friuli Venezia-Giulia.
A questi aspetti legati alla cementificazione a volte si aggiungono anche altri impianti che, seppur ecologici, vengono installati in zone dove rischiano di creare più danni che benefici, come ad esempio una distesa progettata di pannelli fotovoltaici che metterebbe in ginocchio le campagne salentine con una superficie occupata di 450.000 metri quadrati tra grano e uliveti, o altri impianti, a volte nemmeno autorizzati, in alcune zone marine sarde. La soluzione, secondo Italia Nostra, sarebbe istituire una Conservatoria delle coste, cioè degli osservatori regionali per vigilare sui vincoli paesaggistici. Non sarà forse la soluzione del problema, ma limiterebbe molto lo sfacelo al quale stiamo assistendo.
Fonte: [Ansa]
Sanford 1 Marzo 2017 il 2:10 am
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