Congresso di Cancun: la Cina apre alle trattative e si riaccende una speranza

Buone notizie arrivano dall’altra parte del mondo dove, al vertice delle Nazioni Unite di Cancun, i negoziatori cinesi hanno deciso di dare una svolta, stavolta in positivo, alle trattative. Per capire meglio la situazione bisogna fare un passo indietro.

La Cina lo scorso anno fu il primo responsabile, in coabitazione con gli Stati Uniti, del fallimento della conferenza di Copenaghen. Quest’anno il congresso messicano sembrava fosse iniziato sotto i peggiori auspici, con Giappone e Canada che si tiravano indietro rispetto al prolungamento del protocollo di Kyoto ed i Paesi poveri, guidati dall’Alternativa Bolivariana, che minacciavano di far saltare tutto se non si fosse trovato l’accordo. Ma ecco che, quando tutto sembrava precipitare, la Cina ha deciso di risollevare i negoziati ed aprire a nuove trattative.

Congresso di Cancun: i Paesi sudamericani rischiano di far saltare il banco

I negoziati sul clima delle Nazioni Unite a Cancun si sono trovati in serio pericolo la scorsa notte dopo che molti Paesi dell’America Latina hanno deciso che avrebbero lasciato il tavolo delle trattative se un documento definitivo non fosse uscito dai negoziati. Tale documento, che dovrebbe essere pubblicato domani, attesterà la continuazione dell’impegno, da parte dei Paesi ricchi, nel ridurre le emissioni nell’ambito del protocollo di Kyoto.

L’Alleanza Bolivariana per le Americhe (Alba), un gruppo americano di nove Paesi latino-americani sostenuti anche da Paesi africani, arabi ed altre nazioni in via di sviluppo, ha affermato di non essere preparata a vedere la fine del trattato che richiede legalmente a tutti i suoi firmatari di ridurre le emissioni di gas serra, ma ha ugualmente sfidato la presidenza messicana del vertice delle Nazioni Unite a fare in modo che un impegno da parte dei Paesi ricchi potesse far proseguire il protocollo di Kyoto che scadrà nel 2012.

Congresso di Cancun: il Giappone rifiuta l’estensione del Protocollo di Kyoto

I colloqui sul delicato equilibrio climatico globale di Cancun hanno subìto una grave battuta d’arresto la scorsa notte quando il Giappone ha categoricamente espresso la sua contrarietà alla proroga del protocollo di Kyoto, il trattato internazionale vincolante che impegna la maggior parte dei Paesi più ricchi del mondo a tagliare le emissioni.

In base agli accordi, il Giappone doveva tagliare le emissioni di una media del 5%, rispetto al 1990 entro il 2012. Jun Arima, rappresentante del governo nipponico per l’economia e l’industria, ha ammesso che il suo Paese è tra i maggiori emettitori di gas serra, ma nonostante questo non può ulteriormente tagliare le proprie emissioni.

Protocollo di Kyoto prorogato dall’Unione Europea

La Ue ha deciso ieri sera che il protocollo di Kyoto (in scadenza nel 2012) si potrà prorogare. Ma trattandosi di una decisione politica, non poteva essere tutto così semplice. Dalla riunione dei 27 Governi che dovevano decidere sulle sorti di uno dei trattati più discussi della storia, è venuto fuori un documento altrettanto complicato da far rispettare.

Secondo i ministri dell’ambiente dell’Unione Europea, il trattato si può prolungare a condizione che tutte le grandi economie del mondo, dunque comprese anche le reticenti Cina e Stati Uniti, si adeguino al protocollo, impegnandosi nella riduzione delle emissioni di gas nocivi per l’ambiente. Il precedente trattato non prevedeva l’obbligatorietà della ratifica. In pratica un Paese poteva affermare di essere d’accordo ma poi non seguirlo, o ratificarlo in un secondo momento. Per il prolungamento dell’accordo invece i Paesi dell’Ue chiedono la ratifica da parte di tutti e subito.

Italia vicina all’obiettivo di Kyoto

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L’Italia era uno di quei Paesi che sembrava voler mettere gli obiettivi ambientali in secondo piano, preferendo quelli economici. Per questo è stato uno di quelli che si è opposto ai limiti alle emissioni a Copenaghen, e tra quelli che ha firmato in ritardo e con qualche riserva il protocollo di Kyoto, 13 anni fa.

Poi è arrivata la crisi, e ha scombinato tutti i piani. Ora sì che siamo vicini agli obiettivi decisi a Kyoto e che, fino a qualche anno fa, sembravano impossibili. Ad affermarlo è l’ex ministro dell’Ambiente, oggi Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, il quale questa mattina ha snocciolato delle cifre confortanti: la riduzione delle emissioni rispetto al 1990 toccherà il 6,5%, quanto cioè previsto dal Protocollo, e ci sono possibilità anche che superi tale soglia. Noi a dir la verità ce lo auguriamo, perché al 2020 dobbiamo raggiungere almeno un 20%, che non è poco.

Accordo sul clima, difficile trovarlo prima del 2010

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Un nuovo trattato internazionale per combattere il cambiamento climatico non sarà pronto quando i 40 leader del mondo si incontreranno il mese prossimo a Copenaghen, ma può essere finito l’anno prossimo. A spiegarlo è il più alto funzionario delle Nazioni Unite che si occupa di cambiamenti climatici.

Ciò di cui abbiamo bisogno dopo Copenaghen è un po’ di tempo. Non so quanto tempo a sua volta ci vorrà affinché il linguaggio operativo si traduca in un trattato, questo è ciò che i Governi dovranno decidere

ha spiegato Yvo de Boer, capo del Segretariato delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. De Boer ha detto in una conferenza stampa che l’incontro di Copenaghen potrebbe ancora essere un “punto di svolta” nella lotta a livello mondiale per ridurre le emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale, ma che i Governi devono prendere i loro “impegni precisi”. Ha aggiunto che non c’è tempo “per i rifiuti”. De Boer ha parlato al termine di una settimana di colloqui a livello tecnico a Barcellona con 4.000 delegati provenienti da 180 paesi.

De Boer: “Difficilmente il congresso di Copenaghen troverà una soluzione”

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Yvo de Boer, il commissario per il clima delle Nazioni Unite, ha pubblicamente affermato che non c’è modo che un accordo su un vero e proprio trattato sul clima globale possa essere raggiunto nel dicembre prossimo. Una brutta notizia, visto che se non ci crede nemmeno chi questo accordo lo deve guidare, figuriamoci come la penseranno coloro che già sono contro tale accordo.

Secondo Bloomberg, de Boer ha detto che mentre un trattato vincolante sul clima in questo momento è “impossibile”, non tutto è perduto perché qualche progresso può ancora essere fatto:

I delegati provenienti da circa 190 Paesi che si incontreranno nella capitale danese dovrebbero invece concentrarsi su “quattro principali elementi essenziali politici” che comportano riduzioni delle emissioni per i Paesi sviluppati, gli sforzi che devono essere compiuti dai Paesi in via di sviluppo, gli aiuti del clima e della governance.

Queste le parole che de Boer ha annunciato ieri durante una conference call. Gli ultimi dettagli devono essere compilati l’anno prossimo, ha affermato.

Italia in ritardo con il protocollo di Kyoto? A pagare sono sempre i cittadini

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Italiani, preparatevi ad aprire ancor di più il portafoglio e a sborsare una quantità aggiuntiva e non ancora precisata di euro nelle bollette del prossimo anno. A stabilirlo è il Governo italiano, che per la solita immobilità verso le problematiche ambientali, ora sarà costretta a pagare l’acquisto di nuovi crediti di inquinamento, oppure in alternativa pagare una multa di 10 volte maggiore. E indovinate da dove prenderà questi soldi?

Ovviamente dalle tasche dei cittadini. Per farlo, non verrà introdotta una nuova tassa, la quale potrebbe affossare un Governo che ha già degli evidenti problemi, ma verranno aumentate le imposte sulle bollette elettriche. L’obiettivo è di incassare entro il prossimo anno 555 milioni di euro, che diventeranno 840 milioni entro il 2012. Questi soldi serviranno per acquistare i famosi “carbon credits“. Ma di cosa si tratta, e soprattutto come mai l’Italia si ritrova a pagare tutti questi soldi? La spiegazione dopo il salto.

La buona notizia: Europa vicina agli obiettivi di Kyoto

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Avremo anche tanti problemi d’inquinamento nella vecchia Europa, ma qualcosa di buono c’è, e cioè che stiamo rispettando i parametri imposti dal protocollo di Kyoto. A prescindere dalla crisi economica, che ha abbassato la produttività, e di conseguenza anche le emissioni di CO2, oggi arriva un plauso da Bruxelles perché i 15 Paesi più industrializzati dell’Unione Europea sono molto vicini al raggiungimento dell’obiettivo.

Al momento della stesura del Protocollo di Kyoto, l’obiettivo per l’Europa era di abbassare dell’8% le emissioni rispetto ai livelli del 1990, entro il 2012. Dal 2006 ad oggi c’è stato un costante calo nell’inquinamento, tanto che i 15 Paesi maggiori dell’Ue hanno già raggiunto il 5%, in pratica mancano soltanto 3 punti da risparmiare in tre anni per mantenerci entro gli obiettivi. Ma come al solito, non è tutto rose e fiori.

Italia a rischio multa, per il protocollo di Kyoto non si è fatto nulla

Un miliardo e mezzo di euro. A tanto ammonta l’ammenda per l’Italia rea di non aver attuato i parametri del protocollo di Kyoto, fino al 2008. Secondo il dossier Kyoto, elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, tra i Paesi industrializzati che hanno ratificato il trattato, l’Italia risulta come al solito all’ultimo posto, dato che non ha preso alcun tipo di provvedimento per ridurre l’inquinamento. Anzi, ha fatto solo danni.

I dati completi arrivano finora fino alla fine del 2006, che riguardano cioè i primi due anni da quando il Protocollo è stato firmato. Ebbene, secondo questi dati, Germania e Gran Bretagna sono state le due nazioni che più si sono impegnate per ridurre l’inquinamento, ottenendo un vero e proprio abbattimento delle emissioni. L’Italia è stata l’unica nazione in cui queste emissioni, anziché diminuire, sono aumentate.

175 miliardi di euro per allargare il Protocollo di Kyoto

L’opera ecologica di Barack Obama comincia a dare i suoi frutti in tutto il mondo. Mentre fino a qualche mese fa l’Unione Europea tentava in tutti i modi di prendere decisioni di carattere ecologico per salvare l’ambiente praticamente da sola, gli Stati Uniti, con i soliti interessi da difendere di Bush, tentavano di mettere i bastoni tra le ruote della Ue, mentre l’Onu stava a guardare e tentava di prender tempo.

Dall’insediamento di Obama qualcosa si è mosso. Gli intenti verdi del neopresidente Usa hanno dato una scossa al livello di guardia internazionale, che adesso tenta di accelerare l’iter ambientalista e tentare anche di osare un pò di più. Il prossimo dicembre a Copenaghen si terrà la conferenza sull’ambiente definitiva, quella che sancirà le prime direttive a cui tutti si dovranno attenere, e probabilmente verrà un colpo al nostro Presidente del Consiglio, sempre con il braccino corto quando si parla di ambiente, quando sentirà le proposte di Dimas.

Enel firma accordi in Cina per la riduzione delle emissioni di co2

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Enel ha firmato ieri a Pechino presso l’ ambasciata italiana in Cina due accordi di cooperazione per l’abbattimento delle emissioni ad effetto serra. I documenti siglati si inseriscono nell’ambito del Piano di Cooperazione italo-cinese avviato già nel 2001 con l’obiettivo di individuare un percorso di sviluppo sostenibile nel paese asiatico. Gli accordi prevedono un Memorandum of Understanding tra il gruppo dell’ad Fulvio Conti ed il ministero delle Scienze e della Tecnologia della Cina al fine di promuovere l’utilizzo di ‘clean coal technologies’ facendo leva sull’esperienza già maturata in Italia. Le tecnologie in questione determinerebbero per le centrali a carbone cinesi il 50% di efficienza in più e la riduzione di un terzo della CO2 prodotta per MWh generato.

Il lungo cammino verso Kyoto 2: a Bangkok il Giappone contestato dai Paesi in via di sviluppo

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Il protocollo di Kyoto, sottoscritto l’11 dicembre del 1997 da più di 160 Paesi, ed entrato in vigore nel 16 febbraio del 2005, prevede l’impegno ad una riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990. Riduzione da compiersi nel periodo 2008-2012.
Ma si parla già di un Kyoto 2 per fissare nuovi parametri ed obiettivi di riduzione dei gas serra dopo il 2012.

Si è concluso venerdì sera a Bangkok l’incontro, sotto l’egida dell’Onu, dei delegati di più di 160 Paesi, giunti ad un ulteriore accordo per arrivare entro il 2009 ad una nuova risoluzione per la riduzione delle emissioni.