Mega investimento ecologico in Gran Bretagna: la metà delle abitazioni saranno a biogas

Secondo la nuova ricerca condotta da Ernst & Young, e commissionato dalla National Grid, se i vari flussi dei rifiuti dell’intero Regno Unito fossero sfruttati per la produzione di biogas, la metà delle abitazioni dell’intera nazione potrebbe essere riscaldata in questo modo.

A questo appello pare che la politica britannica non sia rimasta indifferente, in quanto, come tutto il mondo anglosassone, è da sempre sensibile alle tematiche ambientali. Soprattutto da quando il destino del petrolio è segnato. Per questo il Governo ha deciso di intraprendere uno studio sui costi per capire quanto effettivamente conviene investire in questa tecnologia, ed il risultato è stato sorprendente: “solo” 10 miliardi di sterline (poco più di 11 miliardi di euro). Molto meno di qualsiasi altra forma di produzione energetica con un raggio d’azione così ampio.

Il futuro dei biocarburanti sono i microbi

I microbi potrebbero essere la risposta alla crisi energetica globale. Attraverso la fermentazione della biomassa per la produzione di biocarburanti, questi offrono una possibile soluzione rispettosa del clima per la prevista carenza di approvvigionamento di combustibili fossili. Una revisione del professor Arnold Demain della Drew University del New Jersey, su come i microbi potrebbero essere utilizzati per “guarire” dalla crisi energetica è stata appena pubblicata online sullo Springer’s Journal, rivista scientifica che si occupa di Microbiologia e Biotecnologie Industriali.

Secondo il professor Demain, l’economia basata sul petrolio degli Stati Uniti si sta avvicinando alla fine del suo ciclo di vita. Le riserve di petrolio a livello mondiale e le nuove (piccole) scoperte di petrolio nuovo non saranno sufficienti a soddisfare la domanda annua di tutto il mondo, specialmente ora che molti grandi potenze ne stanno richiedendo sempre di più. È pertanto essenziale, per anticipare ed evitare le carenze di approvvigionamento in futuro, fornire l’accesso alle nuove bioenergie alternative per il mercato.

Più biocarburante da piante geneticamente modificate

Le piante geneticamente modificate per facilitare la ripartizione del materiale legnoso, potrebbero essere la soluzione per ottenere etanolo in maniera più ecologica e meno costosa. A dirlo sono i ricercatori della Penn State, in un recente studio pubblicato da ScienceDaily.
La lignina, componente principale del materiale vegetale del legno, protegge la cellulosa e fornisce alla pianta una sorta di impianto esterno capace di resistere a forti raffiche di vento e all’attacco dei microbi. Tuttavia, questa barriera protettiva rende difficile l’accesso alla cellulosa. Come ha spiegato lo stesso autore dello studio John Carlson, professore di genetica molecolare alla Penn State:

C’è un sacco di energia, bloccata all’interno del legno, nella cellulosa. Purtroppo separare questa energia dal legno per produrre l’etanolo è un processo costoso che richiede elevate quantità di calore e di sostanze chimiche. Inoltre, gli enzimi fungini che attaccano la lignina non sono ancora ampiamente disponibili, perchè attualmente in fase di sviluppo, e non sono molto efficienti nella scomposizione della lignina.

Prospettive della biomassa come approvvigionamento energetico del futuro

Una strategia globale di approvvigionamento energetico basata sulla biomassa su larga scala, tesa a generare anche energia elettrica oltre che utilizzabile nella produzione di carburante è una possibilità reale. Secondo il Prof Jürgen O. Metzger del Carl von Ossietzky University di Oldenburg e il Prof Aloys Huettermann dell’Università di Goettingen in Germania, si tratta di uno scenario sostenibile, al contrario di quanto pensano molte attuali correnti scientifiche ed economiche, che spesso vedono nella biomassa come energia del futuro una prospettiva poco realistica.

I combustibili fossili tra cui petrolio, gas naturale e carbone – che provvedono la quasi totalità del nostro fabbisogno energetico globale – saranno completamente esauriti nei prossimi 75 anni, almeno stando a quelle che sono le stime sui nostri attuali livelli di consumo o, molto probabilmente, l’esaurimento delle risorse energetiche arriverà molto prima di allora, tenendo presente la crescente domanda di energia in tutto il mondo. Quali scenari si apriranno a questo punto? È opinione comune nel mondo scientifico che la quantità di biomassa che può essere coltivata sui terreni disponibili in concorrenza ai prodotti alimentari è talmente limitata che uno scenario basato sulla biomassa come la principale fonte di energia non è realistico.

Piantagioni per biocarburanti nelle foreste tropicali sono nocive per il clima e la biodiversità

Biocarburanti si, biocarburanti no. Questo è l’amletico dubbio che anima il dibattito scientifico sui carburanti ecologici che per imporsi come alternativa al petrolio dovranno ancora superare più di un ostacolo e molte perplessità.
L’ultima è quella che arriva da uno studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Conservation Biology, ad opera di un team di ricercatori della Denmark’s Nordic Agency for Development and Ecology (NORDECO).

Stando a quanto esposto dagli studiosi, le piantagioni tropicali destinate alla produzione di materie prime per biocarburante, nel momento in cui rubano terreno alle foreste, sarebbero nocive per il clima e per la biodiversità.
Mantenere le foreste pluviali intatte, infatti, è il modo migliore per combattere il cambiamento climatico rispetto alla loro sostituzione, anche se questa sostituzione può risultare utile per la produzione di carburanti puliti.

Carburante biodiesel dai residui del caffè, un nuovo oro nero?

Che lo si prepari con la classica caffettiera napoletana piuttosto che con le meno tradizionali moke di nuova generazione, o le caffetterie espresso e a filtro, il caffè resta per molti italiani, e un po’ in tutto il mondo, un piacere irrunciabile.
Ma pensiamo per un momento alla parte che rimane inutilizzata della bevanda, quei resti del caffè che restano depositati nel filtro. Ogni giorno nelle pattumerie delle famiglie o dei bar vanno a finire complessivamente tonnellate di residui provenienti dal caffè. Capita che una parte possa trovare un impiego come fertilizzante in agricoltura. Ma la maggior parte rimane inutilizzata.

Ebbene, un gruppo di ricercatori del Nevada ha studiato il modo di sfruttare questo genere di rifiuti per la produzione di biodiesel, come nuova fonte economica, abbondante ed ecologica per generare carburante che possa alimentare automobili e camion di nuova generazione.

Riscaldamento globale, antico metodo indiano per stoccaggio di CO2

Antiche tecniche per lo stoccaggio di CO2 nel suolo sperimentate dagli indiani dell’Amazzonia precolombiana potrebbero risultare utili per invertire la rotta del riscaldamento globale, il cambiamento climatico attualmente più preoccupante.
Le sperimentazioni del nuovo antico metodo inizieranno in Sussex e Belize già nei primi mesi del nuovo anno, finanziate dai capitali di rischio della Silicon Valley.

L’idea, peraltro già battuta e sostenuta da tempo nel mondo scientifico come soluzione possibile all’inquinamento, è quella di prendere carbonio dall’atmosfera e seppellirlo nel suolo, dove tra l’altro può agire da potente fertilizzante, contribuendo ad arricchire i terreni stanchi e sfruttati.
Se il progetto dovesse avere successo, si potrebbe estenderlo rapidamente a tutto il mondo, nell’impresa ardua ma non impossibile di invertire l’accumulo di anidride carbonica, la causa principale del riscaldamento globale, liberando l’atmosfera dalle emissioni nocive e riportando la quantità di CO2 ai livelli pre-rivoluzione industriale.

Bioetanolo, possibile impiego di noccioli di olive

Per evitare i rincari dei beni di prima necessità come zucchero, pasta e pane dovuti alla destinazione di molte aree agricole alla coltura di materie prime per bioetanolo, gli scienziati si stanno sforzando di trovare nuove fonti energetiche che possano fungere da biomassa, senza compromettere gli equilibri dell’agricoltura mondiale e senza aumentare il fenomeno della deforestazione per far posto alle biocolture.

A questo proposito si stanno rivalutando ad esempio vegetali come le alghe, materiali di scarto di processi industriali, rifiuti organici provenienti dai residui dei consumi domestici. Tra le altre possibilità, sembra prendere campo quella di utilizzare i noccioli di oliva, che solitamente finiscono nella pattumeria, per produrre biocarburante.

L’immondizia di casa e i resti agricoli insieme per un nuovo tipo di biocarburante

Abbiamo spesso parlato di biocarburanti e delle immense potenzialità a cui questa nuova fonte energetica potrebbe aspirare se non intaccasse gli equilibri nell’approvvigionamento delle risorse alimentari del mondo.
Come denunciato dalla Fao, infatti, il prezzo del grano, dello zucchero e delle altre colture destinate alla produzione di etanolo e degli altri biocarburanti, lievita con l’aumentare della richiesta e con l’incremento dell’industria del biocarburante.

Ecco perchè si rivela a questo punto necessario trovare al più presto altre materie prime da impiegare come fonte di energia alternativa da biomassa.
A questo proposito, gli scienziati stanno elaborando il modo di ricavare etanolo dalla commistione tra la comune spazzatura prodotta negli ambienti domestici e i resti delle colture agricole.
Ad elaborare questo ambizioso progetto sono stati i ricercatori dell’Agricolture Research Service (ARS), che stanno già effettuando degli esperimenti nei loro laboratori presso il Western Regional Research Center dell’ARS, che si trova ad Albany, in California.

La Fao frena sui biocarburanti

Un aumento dei prezzi dello zucchero pari al 26%, del mais pari all’11% e degli oli vegetali pari al 6%. Queste le gravissime conseguenze che si otterrebbero nel 2010, secondo le stime della Fao, se la produzione di biocarburante dovesse far registrare un incremento del 30% (rispetto ai dati del 2007) nella richiesta di materie prime per biofuel.

Proprio per queste ragioni l’organizzazione che vigila sulla stato di salute dell’agricoltura globale non approva le politiche europee e americane volte ad un potenziamento nella produzione di questo tipo di carburante. L’incremento dei prezzi di questi beni alimentari fondamentali per la nutrizione umana avrebbe infatti un peso enorme nell’accrescere il problema della fame nel mondo e della povertà.

In Canada l’energia si ottiene anche dal letame delle mucche

La ricerca nel campo delle energie alternative sta compiendo notevoli passi avanti. Numerosi, infatti, sono i progetti e gli esperimenti messi in campo da scienziati di tutto il mondo nel settore del solare, dell’eolico ma anche di altre forme innovative di energia come la produzione di carburante ad opera di batteri o a partire da rifiuti organici e non.

L’ultima, in ordine di tempo, arriva dal Canada: produrre elettricità dal letame. Nell’Ontario un allevatore di mucche da latte, Laurie Stanton, ha deciso di limitare gli sprechi all’interno della sua fattoria utilizzando il letame prodotto dalle vacche per produrre energia.

Dal Giappone arrivano i giocattoli ecologici

Continuano ad arrivare nuove invenzioni dal Giappone. Stavolta il pensiero è rivolto alle future generazioni, e cioè a sensibilizzare gli uomini del domani sul problema ambientale, facendoli giocare con giocattoli ecologici.

E’ più o meno questa l’intenzione di MIC/CP Tom’s, industria di giocattoli orientale, che ha creato gli Earth Block, dai mattoncini simili ai Lego, con l’unica differenza che anzichè essere di plastica, sono creati con le biomasse.

Dopo il motore ad acqua arriva da San Diego il motore ad alghe

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La ricerca di combustibili alternativi al petrolio è uno dei rami più fertili dell’innovazione tecnologica degli ultimi tempi.
Mettere a punto biocombustibili validi è il primo passo per liberarsi dalla dipendenza dall’oro nero e dalla grave crisi economica, nonchè l’unica via possibile per salvare il Pianeta e l’uomo dai devastanti effetti dell’inquinamento.

L’utilizzo di biomasse e di fonti di energia pulita per produrre carburante si prospetta dunque come un percorso quasi obbligato.
L’ultima novità arriva da San Diego, in California, dove è stato ideato un motore ad alghe.

Biocarburanti: il paradosso dell’ecologia

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Ne abbiamo parlato spesso come della forma di energia del futuro, pulita, rinnovabile e alternativa valida all’oro nero. Ma il biocarburante ha i suoi scheletri nell’armadio, un rovescio della medaglia tutt’altro che positivo per l’ambiente.
La Lipu lancia infatti l’allarme sulle profonde alterazioni dell’habitat naturale di molte specie di uccelli, causate dalla destinazione di molte aree verdi alle colture energetiche.

Un dossier della Birdlife International, rete di associazioni rappresentata in Italia dalla Lipu, ha evidenziato i danni per l’habitat degli uccelli provocati dalle biocolture a scopo energetico.