Secondo il rapporto di Greenpeace, stilato in collaborazione con “Ce-Delft“, un istituto indipendente olandese, il costo che grava sull’intero pianeta per l’utilizzo del carbone, attualmente, è di circa 360 miliardi di euro all’anno, molto di più di quello che i vari Governi di tutto il mondo ci vogliono far credere.
Infatti quei Paesi che puntano su questa risorsa spesso si trincerano dietro la frase “il carbone costa di meno rispetto alle altre fonti energetiche”, giustificandolo come un risparmio che conviene anche ai cittadini. Tutto questo è falso. Infatti il carbone è il combustibile fossile più inquinante al mondo (paradossalmente anche più del petrolio), dato che da solo contribuisce al 41% delle emissioni di gas serra imputabili all’uomo.
Tutto questo si è formato in 7 anni, e cioè dal 1999 al 2006, anno in cui l’ultimo rilevamento è stato effettuato, in cui è stato dimostrato come l’utilizzo del carbone sia aumentato del 30%. I rischi, secondo Ce-Delft, sono che da qui al 2030 l’utilizzo del carbone venga raddoppiato, con conseguenti danni all’ambiente che non sarebbero più calcolabili.
Il danno principale che proviene dall’utilizzo massiccio del carbone è il riscaldamento globale. Certo, esso non è la sola causa di una catastrofe così terribile, ma ha una buona percentuale di responsabilità. Secondo Greenpeace, a causa dei mutamenti climatici, ad oggi muoiono circa 150 mila persone all’anno in tutto il mondo. Pensate cosa accadrebbe se l’uso del carbone venisse raddoppiato. Per questo le Nazioni Unite hanno chiesto di fermare la crescita delle emissioni fino al 2015 e ridurle fino a dimezzarle entro il 2050.
Ma come si calcola il costo del carbone? I parametri attuali comprendono solamente i costi di estrazione, trasporto, tasse e profitti. Per questo secondo i cosiddetti “grandi” del pianeta è la risorsa più a buon mercato. Ma i parametri esterni ribaltano questa considerazione. Infatti vanno prese in considerazione prima di tutto le emissioni di gas serra, ma anche la deforestazione, la distruzione di interi ecosistemi, la violazione dei diritti umani delle persone che lavorano per estrarlo, molto spesso sovrautilizzati e sottopagati, il costo dello stoccaggio degli scarti, fino all’incidenza sulle malattie respiratorie. Infatti le emissioni di queste lavorazioni portano a piogge acide, inaridimento dei terreni, inquinamento delle acque, e danni alla salute umana.
Noi italiani oggi paghiamo il costo “ufficiale” del carbone, più quello d’importazione. Ma tutti questi danni, ben peggiori, li subiscono i Paesi produttori, come la Cina, l’India, il Sudafrica e altri Paesi poveri, i quali pagano per noi anche il doppio delle conseguenze. Il modo per risolvere tutti questi problemi, lo ripeteremo fino alla noia, sono le rinnovabili, che non hanno costi, nè impatti ambientali. Speriamo che qualcuno raccolga il nostro appello, quello di Greenpeace e di tante altre organizzazioni che si battono per un mondo più pulito.
Ermange 1 Dicembre 2008 il 11:39 am
Economia ed ecologia non fanno solo rima….speriamo lo capiscano davvero!!
Paola Pagliaro 1 Dicembre 2008 il 12:23 pm
Non sempre fanno rima, ma potrebbero… come dimostra la possibilità di creare posti di lavoro nelle rinnovabili, investire nell’efficienza energetica, il risparmio è guadagno, ma nella logica del profitto immediato è ovvio che l’ecologia venga messa subito in secondo piano come non fruttuosa, in realtà a lungo andare ci guadagnerremmo un mondo pulito, con energia illimitata, meno malattie, meno disastri ambientali, vantaggi duraturi per cui varrebbe la pena aspettare e… investire…