I principali “no” al taglio netto delle emissioni, sostenuti con grande convinzione tra gli altri dal nostro Paese, avevano come principale pretesto la grave crisi economica che sta interessando i mercati internazionali, mettendo a rischio la produzione industriale di numerosi Paesi, soprattutto in alcuni settori, come quello delle automobili. Costringere le industrie, già fortemente provate dall’emergenza finanziaria, ad adeguarsi a parametri più sostenibili, investendo in tecnologie pulite, è per alcuni governi un provvedimento impensabile. Ma è altresì impensabile rinunciare a porre un freno ai devastanti cambiamenti climatici, che hanno conseguenze a dir poco drammatiche, come tutti sappiamo.
Ecco perchè si pone l’esigenza di trovare soluzioni che riducano l’inquinamento, risollevando allo stesso tempo l’economia dei Paesi industrializzati. Alcuni economisti hanno presentato varie proposte per ridurre le emissioni di biossido di carbonio, tramite nuove licenze di inquinamento concesse dai governi, che regolamentino e limitino la produzione di CO2, vendute alle industrie ad un prezzo fisso, che eviti un incremento costante e sregolato del costo.
Fino ad oggi ci sono state due opzioni per la riduzione delle emissioni: la carbon tax e il cap-and-trade. La carbon tax è una tassa sulla CO2 prodotta da un’azienda: maggiore è la CO2 prodotta maggiore è il costo, con la maggior parte o la totalità dei fondi raccolti grazie all’imposta eventualmente ridistribuiti al pubblico, perché l’obiettivo è quello di scoraggiare le emissioni piuttosto che di aumentare le entrate. Il problema di questo approccio è che esso lascia incerti sulla quantità di riduzione delle emissioni che sarà realizzata.
Nel secondo approccio, il cap-and-trade, il governo fissa un limite per le emissioni annue e le imprese acquistano i permessi. Anche in questo caso, il denaro raccolto sarà ridistribuito. Il lato negativo di questa strategia è che non vi è alcun controllo sul prezzo dei permessi e, di conseguenza, sul costo delle emissioni.
Una tra le soluzioni proposta dal professor Robert N. Stavins, economista della University of Oxford, è una sorta di cap and trade ibrido, dove si vendano le licenze per le emissioni ad un prezzo stabilito dal governo e predeterminato in maniera tale che il prezzo di mercato di quelle già emesse non possa mai superare tale soglia, eliminando così l’incertezza sul rialzo dei costi che è una grande preoccupazione per l’industria privata.
[Fonte: Oxford University Press (2009, January 5). Tackling Climate Change With New Permits To Pollute. ScienceDaily. Retrieved January 6, 2009, from http://www.sciencedaily.com /releases/2009/01/090105190742.htm]