Un modello matematico che fornisce una base più efficace per la conservazione della biodiversità in strutture già esistenti è stato sviluppato da un ricercatore dell’Università Ebraica di Gerusalemme. La complessità dei sistemi ecologici, espressi nella grande variazione della morfologia, fisiologia e del comportamento degli individui di diverse specie, stessa specie, o anche dello stesso individuo in ambienti diversi, rendono la comprensione dei meccanismi che riguardano la diversità delle comunità ecologiche estremamente difficile.
Di conseguenza, la maggior parte delle teorie sulla biodiversità sono limitate ad un singolo meccanismo, o si affidano ad ipotesi molto semplificate e a volte irrealistiche. Così, dopo più di un secolo di intensa ricerca sulla diversità delle specie, il mondo non ha ancora una solida base teorica che può efficacemente guidare i decisori politici. Almeno fino ad oggi.
Nella sua tesi di laurea presso il Dipartimento di Evoluzione, Sistematica ed Ecologia presso l’Università Ebraica, Omri Allouche ha sviluppato, sotto la supervisione del Prof. Ronen Kadmon, una nuova teoria sulla diversità delle specie che tenta di fornire una base più efficace per la conservazione della biodiversità. Il cuore della teoria sta in un modello matematico che predice il numero di specie atteso in una comunità ecologica, considerando le proprietà della specie (ad esempio, i tassi di nascita, morte e migrazione) e l’ambiente (ad esempio, la disponibilità di risorse, perdita di habitat, la frequenza dei disturbi, ecc.).
Le generalità del modello e la sua flessibilità lo rendono uno strumento altamente efficace per guidare i responsabili della conservazione e i politici. È interessante notare che le analisi del modello forniscono spunti innovativi che spesso variano dalle nozioni comuni degli ambientalisti. Per esempio, in contrasto con l’idea che il miglioramento della qualità degli habitat (ad esempio con l’arricchimento di risorse) dovrebbe promuovere la biodiversità, la teoria di Allouche prevede che il ritorno da tale arricchimento potrebbe al contrario ridurre la biodiversità, un risultato confermato da studi empirici.
Un altro esempio è la risposta delle “comunità animali” alla perdita di habitat, che è riconosciuta come la più grande minaccia per la biodiversità. Spesso la risposta di un ecosistema delicato della perdita di habitat in un’area delimitata è utilizzata per prevedere le risposte alla perdita su larga scala. La teoria prevede che tali previsioni possano essere fuorvianti, e che diverse specie possano mostrare un improvviso crollo della biodiversità prima di un certo livello critico di perdita di habitat previsto in un caso diverso.
Un aspetto di particolare importanza per la pianificazione della conservazione è la previsione di risposte ai cambiamenti climatici globali. La maggior parte dei modelli attuali delle risposte della biodiversità ai mutamenti climatici fanno ipotizzare che la capacità di dispersione delle specie è illimitata. Nel suo lavoro, Allouche dimostra che questa ipotesi riduce significativamente il potere predittivo di tali modelli e può quindi portare a conclusioni fuorvianti.
Allouche crede che i suoi contributi siano in grado di migliorare la capacità dei responsabili della conservazione e dei politici di valutare i rischi potenziali per la biodiversità, progettare in modo efficiente le riserve naturali, individuare in modo efficace e proteggere le specie minacciate dell’estinzione e, quindi, conservare meglio la diversità naturali. Il lavoro dello studente israeliano ha ricevuto il premio Barenholtz, riconoscimento al lavoro universitario più originale e creativo.
[Fonte: Sciencedaily]
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