Torniamo ancora una volta sul tanto dibattuto argomento biocarburanti versus sviluppo sostenibile, che ha visto finora la disfatta del carburante biologico che penalizzerebbe le colture destinate ad uso alimentare, aggravando la Fame nei Paesi sottosviluppati ed aumentando il prezzo dei beni di prima necessità (in primis i prodotti farinacei) nel resto del mondo. Senza contare la massiccia deforestazione in atto per fare spazio alle colture destinate alla produzione di biocarburanti. Un nuovo allarme degli esperti arriva dall’Africa, dove gli agricoltori rischiano di essere costretti a lasciare le loro terre a causa delle pressione di investitori ricchi e potenti o ancora di progetti di governo nati sulla base della crescente domanda globale di biocarburanti, che favorisce ovviamente i cambiamenti nelle colture.
Una recente ricerca dell’Università di Edimburgo ha scoperto che i mezzi di sussistenza già scarsi della popolazione africana potrebbero essere messi ulteriormente a repentaglio qualora i terreni agricoli africani fossero destinati in misura sostanziale alle colture per i biocarburanti.
Con la crescente pressione per trovare alternative al petrolio, la produzione mondiale di biocarburanti è triplicata tra il 2003 ed il 2007 e si prevede un ulteriore raddoppio entro il prossimo anno. Nei Paesi africani tra cui Malawi, Mali, Mauritius, Nigeria, Senegal, Sudafrica, Zambia e Zimbabwe si sono già adottate strategie nazionali pro-biocarburanti.
Il dottor Tom Molony, che ha contribuito alla ricerca, ha affermato che l’assegnazione di terreni per la produzione di biocarburanti a progetti governativi o a ricchi investitori potrebbe significare che i poveri delle campagne sarebbero costretti ad abbandonare le loro terre.
Molony ha aggiunto che i progetti di biocarburanti avevano anche sollevato accuse di espansioni neocoloniali, con i Paesi ricchi che acquisiscono vaste estensioni di terra in nazioni più povere. In Madagascar, l’azienda sud-coreana Daewoo Logistics ha cercato di acquistare uno spazio grande quanto la metà delle dimensioni del Belgio per coltivare mais e olio di palma per biocarburanti.
La Banca Mondiale sostiene che la terra sottratta all’agricoltura a scopi alimentari ha contribuito al rincaro dei prodotti alimentari, che ha costretto milioni di persone nella povertà.
Il Dr Molony ha spiegato che:
“La minaccia che una maggiore produzione di biocarburanti rappresenta per la sicurezza alimentare è particolarmente sentita nei Paesi africani in cui il cibo è già scarso.”
Il briefing “Biofuels, food security and Africa” (I biocarburanti, la sicurezza alimentare e l’Africa), è stato pubblicato sul numero di luglio della rivista African Affairs.
[Fonte: University of Edinburgh (2010, April 22). Global biofuel drive raises risk of eviction for African farmers. ScienceDaily. Retrieved April 23, 2010, from http://www.sciencedaily.com /releases/2010/04/100422093534.htm]
giorgio 12 Aprile 2011 il 10:47 pm
ma scusa il problema non sono la ricerca di carburanti non fossili ma ancora una volta la capacità delle multinazionali che peraltro detengono anche il petrolio di acquistare grazie anche a governi compiacenti terreni ed altro. non è in discussione la possibilità, i dati purtroppo e sappiamo bene perchè sono difficili da reperire, non stimano per quanto ne so che vi sia carenza di produzione alimentare ma perchè non si discute mai seriamernte di questo? quanti prodotti sono ad esempio io essendo della comunità europea stoccati in assoluta esuberanza ai bisogni e, alle volte sostenuti con incentivi, e poi svenduti con costi per l’intera comubità. fuori tutti i conti poi discutiamo ma i conti escono quando e come decidono i grandi e per grandi puoi mettere quello che ti pare. non è un trinariciuto quello che scrive anzi