Oggi la ricerca e la produzione di biocarburanti viene finanziata dall’UE indiscriminatamente. Si finanziano i cosiddetti biocarburanti di prima generazione, quelli cioè che si ricavano dal mais, dalla colza e da altri generi alimentari, allo stesso modo di quelli che derivano dagli scarti e dalle alghe. Una pratica che se in un primo momento sembrava corretta, alla lunga ci si è resi conto che è dannosa. Per questo l’Unione Europea ha detto basta ed ha abolito i finanziamenti per i biocarburanti di prima generazione.
La crisi economica e la siccità hanno fatto alzare il costo degli alimenti. A questo fenomeno negli ultimi anni se n’è aggiunto un altro molto pericoloso. Ai coltivatori infatti non conveniva più tanto destinare i propri terreni o il proprio raccolto a scopi alimentari, ma risultava più lucroso utilizzarlo per creare biocarburanti. Tutti questi fenomeni hanno fatto lievitare il prezzo dei beni di prima necessità, e finalmente se ne sono accorti anche a Bruxelles.
I commissari europei all’energia Gunther Oettinger e all’azione per il clima Connie Hedegaard hanno cosi stabilito che i finanziamenti che oggi sono destinati a questa pratica verranno spostati esclusivamente ai produttori di biocarburanti
solo se comportano sostanziali riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra e non sono prodotti da colture destinate all’alimentazione dell’uomo o degli animali.
Una scelta saggia, non c’è che dire, anche perché i più recenti studi dimostrano che le nuove generazioni di biocarburanti inquinano molto meno della prima. Ma come sempre c’è un problema. Questa nuova legge entrerà in vigore soltanto dopo il 2020. Ciò significa che nei prossimi 8 anni ancora queste industrie continueranno a ricevere i fondi, e manterranno alti i prezzi delle derrate alimentari. Se si voleva ovviare a tale problema, sarebbe stato più saggio anticipare di diversi anni l’entrata in vigore della nuova normativa.
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