Probabilmente la discussione sui biocarburanti non si esaurirà mai, tra chi dice che sono il futuro e chi invece si oppone duramente. Oggi si aggiunge una voce in più tra gli oppositori, ed è quella del più grande e completo studio effettuato fino ad oggi sugli effetti dei biocarburanti delle foreste della West Coast americana, realizzato da un gruppo internazionale di scienziati americani, tedeschi e francesi. Secondo la loro teoria, le foreste dedicate ai biocarburanti emetterebbero il 14% di anidride carbonica in più rispetto al normale, considerando uno scenario ottimale, cioè che il processo di estrazione e lavorazione della materia prima non subisca contrattempi ed imprevisti, e tutta la macchina funzioni alla perfezione.
Questi risultati sono destinati a fare scalpore visto che da più parti si sostiene che i biocombustibili arriveranno un giorno a soppiantare i combustibili fossili perché abbassano le emissioni di gas serra, o addirittura dovrebbero essere “carbon-neutral”. Un sogno destinato a rimanere tale.
Per lo studio ci sono voluti 4 anni di rilevazioni in 80 tipi di foreste in 19 eco-regioni dell’Oregon, California e dello Stato di Washington, in foreste pluviali temperate ed in altre semi-aride. Secondo Tara Hudiburg, autrice principale dello studio, il processo di rimozione della biomassa forestale e l’uso delle bioenergie in qualsiasi forma rilascerà più anidride carbonica nell’atmosfera delle attuali pratiche di gestione forestale.
La maggior parte delle persone pensa che la bioenergia dal legno sarà carbon-neutral, perché la foresta ricresce e c’è anche la possibilità di protezione delle foreste dalle emissioni di carbonio causate da un incendio. Tuttavia, la nostra ricerca ha mostrato che le emissioni prodotte da queste attività si è rivelata maggiore del risparmio.
Ma c’è un’eccezione. Questa pratica diventa conveniente soltanto nelle foreste ad alto rischio come quelle soggette ad epidemie di insetti, incendi o siccità. Tutte condizioni che riducono l’assorbimento del carbonio e che, solo in questo caso, conviene lavorare per creare biocarburanti.
Un elemento in più lo aggiunge Beverly Law, altra autrice, la quale afferma che con le pratiche odierne di recupero di materia prima per i biocombustibili si mette in pericolo la biodiversità e si hanno impatti negativi sul suolo. Tutti problemi che chi ha progettato questi processi non ha preso in considerazione. Dunque in conclusione, affermano i ricercatori, tagliare le foreste a rischio di incendio (per intenderci, quelle che ogni anno subiscono roghi) ha un senso nel processo di recupero dei biocarburanti, ma tagliare altri tipi di foreste, con l’intento di ridurre le emissioni, è una procedura sbagliata e controproducente.
[Fonte: Sciencedaily]
Phoebe 1 Marzo 2017 il 1:36 am
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