Si intitola Chi paga il prezzo dei carburanti verdi il nuovo rapporto diffuso da Actionaid nei giorni scorsi, che spara a zero su quelli che sono da tempo considerati i carburanti eco, e che invece sarebbero responsabili della crisi alimentare. Quello che dicono ad Actionaid, a dire il vero, lo avevano ripetuto già molti esperti, e ne avevamo riportato spesso notizia anche noi. E’ ovvio, infatti, che se per la produzione di biocarburanti si utilizzano beni alimentari di prima necessità, i prezzi di pane e pasta vanno ad aumentare, mettendo a rischio soprattutto gli approvvigionamenti di cibo nei Paesi più poveri. Ecco perchè la ricerca si sta concentrando sulla produzione di biocarburante da rifiuti organici, bucce, semi e altri prodotti di scarto, inutili a scopi alimentari.
Tornando al rapporto di Actionaid, che da sempre afferma che i biocarburanti trasformano il cibo in benzina, nell’analisi si legge infatti che:
in Africa, America Latina e Asia, l’espansione dei biocarburanti è stata generalmente favorita dai governi locali, desiderosi di attrarre investimenti e creare nuove opportunità di esportazione.
Tuttavia, il prezzo da pagare è altissimo, perchè si levano territori arabili all’agricoltura destinata al sostentamento delle popolazioni:
La produzione di biocarburanti presenta numerosi rischi per le popolazioni locali e per l’ambiente: spesso le multinazionali del settore operano in paesi governati da regimi non democratici che, per fare spazio alle piantagioni, espropriano terreni senza consultare le parti in causa e in assenza di adeguati indennizzi. In tali contesti il rispetto dei diritti umani spesso manca, la corruzione è ampiamente diffusa e i proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali locali vanno a beneficio di ristretti gruppi di interesse (ad esempio militari, gruppi etnici, elite politiche ed economiche) a scapito di settori di pubblico interesse quali l’istruzione, la sanità e l’assistenza sociale. Danni ulteriori vengono provocati all’ecosistema ambientale dalla distruzione di foreste primarie, che priva le popolazioni indigene dei necessari mezzi di sostentamento.
Insomma, il quadro delineato è abbastanza sconvolgente: per avere la nostra benzina verde andiamo infatti ad intaccare equilibri già precari come quelli dei Paesi del Sud del mondo, arricchendo lobby senza scrupoli, che sottraggono la terra ai contadini con mezzi abbastanza violenti. E, inoltre, contribuiamo alla deforestazione e aggraviamo la crisi alimentare mondiale. A conti fatti, saranno poi così bio?
[Fonte: Actionaid]
giorgio 12 Aprile 2011 il 10:33 pm
ma abbiamo mai pensato a quamti incentivi vanno all’agricoltura tradizionale? spesso in maniera schizofrenica si paga per estirpare e poco dopo o nello stesso tempo per piantare! un esempio è il vino in alcune zone sicuramente vocate si è arrivati a prezzi che non permettono la sopravvivenza di numerose aziende se non con contributi od aiuti in termini di tassazione reddituale. siamo sicuri che trasformando una parte di queste colture, certo con estrema capacità politica, parola considerata brutta quasi in disuso ora, aproduzioni per energia senza avere paura ad incentivarle per un relativo lasso di tempo non si riuscirebbe ad avere un’economia meno drogata dell’attuale’ o perlomeno con qualche possibilità di sviluppo? non ne sono certo ma trovare tuuti i dati è complicatissimo il che fa pensarte….