Batterio killer, vi abbiamo appena aggiornato sui risultati, ancora parziali specifichiamo, delle analisi effettuate sui campioni di soia. Risultati che, al momento, con 23 campioni su 40 analizzati, scagionerebbero i germogli, fino a ieri indicati dalle stesse autorità sanitarie tedesche come i potenziali responsabili dell’epidemia di Escherichia coli che ha mietuto almeno 22 vittime in Germania, con circa 1.220 persone rimaste sinora contagiate.
E se dietro il dilagare del contagio ci fosse un atto di bioterrorismo? Chi può escluderlo? Ad avanzare questa ipotesi è la microbiologa Maria Rita Gismondo, a capo del Laboratorio di microbiologia dell’ospedale universitario Sacco di Milano.
L’esperta ipotizza una simile eventualità e giustifica il fatto che in Gran Bretagna siano stati rafforzati i controlli anti-terrorismo alimentare. La Gismondo sottolinea all’Adnkronos che questa ipotesi si prende sempre in esame anche se, senza una prova schiacciante, la classica pistola fumante, non si può mai accertarlo:
In questi casi il sospetto è sempre lecito, anzi è previsto dai normali protocolli di indagine. Ma se non si trova la pistola fumante è praticamente impossibile dimostrare che si tratti di una contaminazione di origine volontaria, o magari di un microrganismo involontariamente sfuggito da un laboratorio di ricerca.
Quando si deve percorrere la pista del bioterrorismo? Per l’esperta, meritevole di aver messo a punto un test rapido per la diagnosi dell’antrace, ogniqualvolta il nemico è invisibile, proprio come sta avvenendo in questo caso.
La contaminazione volontaria o l’errore involontario di un ricercatore che maneggia germi per lavoro “non va mai esclusa”. Sia che si tratti di un virus o di un batterio già noto, sia di un microrganismo mai circolato prima come l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il nuovo E. coli. L’ipotesi bioterrorismo va presa in considerazione sia nel caso di germi nati da una ricombinazione naturale che rende più aggressivo un agente comune (fonte del nuovo E. coli secondo l’Istituto Superiore di Sanità), sia di chimere fabbricate in laboratorio. L’agente protagonista di un attacco bioterroristico può essere qualunque microrganismo in grado di diffondersi nell’ambiente: dal più naturale al più manipolato.
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