Quella che oggi chiamiamo Australia per secoli, per non dire millenni, ha ospitato migliaia di specie animali, molte delle quali tra le più grandi del pianeta. Probabilmente anche per il fatto di essere stata scoperta relativamente tardi, nel XVII secolo, si è mantenuta più o meno inalterata visto che gli aborigeni non avevano un impatto così importante sulla biodiversità. Ma dal 1600 circa, da quando cioè è stata colonizzata, si calcola che almeno 55 specie giganti sono sparite.
Il motivo principale sta nella distruzione dell’habitat. Con i vari insediamenti umani chiazze sparse di vegetazioni hanno cominciato ad essere rase al suolo, arbusti ed eucalipti hanno trovato sempre meno spazio, e così alcuni erbivori giganti non ce l’hanno fatta a sopravvivere. Tra queste la più famosa è il canguro Sthenurus, un canguro pesante 150 kg che si nutriva di vegetazione che a causa degli incendi si è andata sempre più diradando. Oggi è estinto.
In un recente studio, pubblicato ieri su Science, Christopher Johnson, dell’Università della Tasmania, in Australia, ha dimostrato come questo processo sia cominciato involontariamente già 41 mila anni fa, con i primi insediamenti umani che hanno ridotto le spore di Sporomiella, le quali hanno avviato una drastica riduzione di alcuni vegetali di cui gli animali si nutrivano. La caccia poi ha completato l’opera ed avviato un circolo vizioso in cui gli animali venivano ridotti di numero a causa della mancanza di vegetazione, ma la vegetazione non si sviluppava a causa della mancanza di animali che concimavano il terreno.
Secondo Johnson questo processo potrebbe avvenire in futuro anche in Africa. In alcune zone del Continente Nero infatti ancora l’uomo non ha creato danni, ma i grandi erbivori come elefanti, rinoceronti e giraffe potrebbero presto fare la fine dei pachidermi australiani perché l’impronta umana potrebbe ricreare la stessa tragica situazione.
[Fonte: Livescience]
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