Il rifugiato climatico è tecnicamente quella persona che, a causa degli effetti del cambiamento climatico (siccità, alluvioni, ecc.) è costretto a lasciare la propria terra perché il posto dove è nato e cresciuto è diventato invivibile. Abbiamo visto negli ultimi anni un incremento dei rifugiati climatici in alcune isole del Pacifico e dell’oceano Indiano, letteralmente sfrattati dall’aumento del livello del mare. Ora però a pagarne le conseguenze non è un atollo sperduto ma uno dei Paesi più importanti al mondo, l’Australia.
Negli ultimi anni una grande parte del Paese ha subito un’ondata di siccità mai vista che ha messo in ginocchio l’economia di un’area che ospitava milioni di persone. Per questo, in seguito agli appelli di molti scienziati e associazioni che chiedevano all’Onu di istituire la figura del rifugiato climatico, il Paese dei canguri ha deciso di essere il primo ad adottarlo. Il Governo ha così allargato il campo del Convention Relating to the Status of Refugees, il documento ufficiale che riconosce lo status di rifugiato per le persone che in patria sono perseguitate a causa del razzismo, per scopi politici o per le guerre, anche a quelle che hanno dovuto scappare a causa dei cambiamenti climatici.
A dare il via all’iter è stato un uomo di 36 anni che viveva in un’isola della vicina Nuova Zelanda che si era recato in Australia insieme ai suoi due figli per chiedere asilo dopo che l’isola su cui viveva è stata inondata ed è diventata invivibile. Il territorio in cui viveva infatti si trovava a 2 metri sotto il livello del mare e la paura per il futuro, specialmente dei suoi figli, l’ha spinto a compiere questo gesto. Al momento la sua domanda fu respinta, ma questo evento ha stimolato il dibattito nei mesi successivi, fino a far prendere questa storica decisione proprio in questi giorni.
Phil Glendenning, presidente del consiglio dei rifugiati, ha spinto per questo provvedimento, ed ha affermato che nei prossimi anni il Paese dovrà aspettarsi 20 mila rifugiati provenienti da tutto il Pacifico, ed ha avvisato che questo non è un problema solo dell’Australia, ma che a breve interesserà tutto il mondo.
[Fonte: the Guardian]
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