Un nuovo rapporto di Greenpeace mostra che l'Artico si sta riscaldando più rapidamente del resto del mondo. Con conseguenza pesanti sull'equilibrio climatico di tutto il pianeta.
Equilibrio sempre più precario per l’Artico che risente in misura più intensa degli effetti del riscaldamento globale. A tornare su questo delicato argomento è un nuovo rapporto di Greenpeace denominato non a caso «What happens in the Arctic doesn’t stay in the Arctic» (Ciò che accade nell’Artico non resta confinato nell’Artico). Il documento mostra come gli effetti del cambiamento climatico siano più intensi nella regione artica causando una riduzione dei ghiacci e favorendo un ulteriore riscaldamento del mare. Questi effetti, spiega Greenpeace, non restano confinati alla regione polare ma producono effetti sull’equilibrio climatico di tutto il pianeta.
L’Artico si riscalda due volte più rapidamente
Le particolari condizioni che caratterizzano l’articolo rendono questa regione più esposta agli effetti del cambiamento climatico. Studi citati da Greenpeace mostrano come nell’Artico il riscaldamento del clima sia due volte più rapido che nel resto del pianeta. L’incremento delle temperature medie ha dirette ripercussioni sull’estensione e lo spessore dei ghiacci artici. Negli ultimi 30, spiega sempre il rapporto, la dimensione dei ghiacci artici si è ridotta tra il 3,5% ed il 4,1% per decade con variazioni stagionali sempre più intense. Proprio durante l’estate gli effetti del riscaldamento globale si sommano a quelli stagionali con una intesa riduzione della superficie marina ghiacciata.
Questa condizione produce due effetti negativi che finiscono per sommarsi negli effetti:
- La minore estensione dei ghiacci riduce la capacità della superficie terreste di riflettere i raggi solari (albedo) aumentando di conseguenza la parte di energia che rimane vicina al suolo.
- La minore superficie coperta dal ghiaccio favorisce inoltre l’accumulo di energia nei mari artici contribuendo ad ulteriori incrementi della temperatura.
Si viene in sostanza a creare un pericoloso circolo vizioso per cui il riscaldamento globale finisce per innescare ulteriori meccanismi che a loro volta innalzano le temperature medie della regione attorno al Polo Nord.
Lo scorso febbraio alcuni dati della NASA, di cui abbiamo parlato in questo post, mostravano vistose anomalie termiche rispetto ai dati medi di temperatura con incrementi particolarmente intensi proprio nelle regioni artiche.
Effetti sul clima
Con il documento «What happens in the Arctic doesn’t stay in the Arctic» Greenpeace ha voluto porre l’attenzione non solo su ciò che accade nell’Artico ma anche sugli effetti che questi cambiamenti generano a cascata sull’equilibrio del clima del pianeta. Anche se i modelli che descrivono questi fenomeni sono ancora incompleti, è comunque possibile individuare alcuni fenomeni che con buona probabilità sono legati alle condizioni generali dell’Artico.
La riduzione dei ghiacciai e lo scioglimento del permafrost nella regione artica hanno come conseguenza indiretta anche la liberazione in atmosfera dei gas intrappolati nelle formazioni stesse; alcuni di questi (come il metano) rientrano pienamente nella classificazione di gas serra e contribuiscono quindi ad intensificare questo fenomeno. Diversi modelli sperimentali legano inoltre lo stato dei ghiacci artici alla circolazione delle correnti marine (come la Corrente del Golfo) ed alla circolazione atmosferica.
Una delle ipotesi oggetto di studio è che l’alterazione degli equilibri termici nella regione artica possa portare cambiamenti radicali al clima dell’intero emisfero boreale nel senso di una estremizzazione dei fenomeni. Regioni del Nord America e dell’Europa potrebbero essere esposte ad inverni particolarmente rigidi e nevosi alternati con estati calde e secche. Molti territori costieri potrebbero essere esposti a significativi innalzamenti del livello dei mari. Anche i periodi di alta e bassa pressione potrebbero allungare la loro durata media. Vaste aree interne potrebbero attraversare lunghi periodi di siccità e subire notevoli gradienti termici. Gli stessi fenomeni meteorologici potrebbero assumere caratteri di intensità e frequenza mai raggiunti in passato.
A bene vedere quindi questi scenari riprendono molti dei temi consolidati del dibattito sul cambiamento climatico. Argomenti ampiamente discussi anche alla COP21 di Parigi che sembrano trovare nelle regioni circumpolari una loro indiretta unità di misura.
Molte specie animali a rischio
L’alterazione dell’equilibrio climatico dell’Artico mette a rischio anche la sopravvivenza della fauna che popola questa regione. L’orso polare è una delle specie a maggiore rischio tanto da essere richiamata anche in molte campagne di comunicazione e sensibilizzazione. L’accelerazione dei fenomeni di scioglimento dei ghiacci ha aumentato il tasso di mortalità degli orsi polari riducendone le possibilità di trovare cibo.
Anche le balene che numerose vivono nelle zone artiche soffrono lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento della temperatura dell’acqua. Il tricheco, la volpe artica, la foche ed il narvalo sono alcune delle altre specie la cui sopravvivenza è messa a rischio dal cambiamento climatico e dal ritiro dei ghiacci.
Contro lo sfruttamento economico dell’Artico
Anche i tentativi di utilizzo economico dell’Artico rischiano di minarne l’equilibrio ambientale. Greenpeace sottolinea infatti come il ritiro dei ghiacci renda più semplice lo sfruttamento della regione a scopi commerciali con una crescente pressione sulle istituzioni per consentire trivellazioni, rotte commerciali e pesca industriale.
Greenpeace in questo senso si batte perché le acque attorno al Polo Nord diventino un ‘Santuario Artico’ su cui vietare a livello internazionale ogni forma di attività industriale. Proprio in questa direzione è stata lanciata la campagna Save The Arctic con cui Greenpeace sostiene presso l’OSPAR l’istituzione di un’area protetta nel Mar Glaciale Artico estesa 226 mila chilometri quadrati che costituirebbe un primo passo concreto per la protezione della regione.
Photo | Thinkstock
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