Si è conclusa la conferenza ONU 2014 di Lima e quello che dovrebbe essere indicato come Appello di Lima per l’azione per il Clima, rappresenta un risultato giudicato deludente, non stringente, non determinante da ambientalisti e non solo. Il vertice ONU di Parigi 2015, dove si stilerà il prossimo accordo mondiale sul clima, si fa più vicino, e la possibilità di una svolta nei negoziati è ancora drammaticamente in bilico.
Dopo lunghe trattative è arrivato l’Appello di Lima per l’azione per il Clima come risultato della conferenza ONU sui mutamenti tematici tenutasi in Perù. Qual è il risultato di questo nuovo incontro? Il meeting nasce come momento d’approccio al fondamentale incontro di Parigi 2015, quando andrà definito un accordo vincolante per limitare il riscaldamento globale e contrastare i mutamenti climatici. Purtroppo lo step che precede il prossimo, storico incontro in terra francese, è stato tutt’altro che entusiasmante. Qualcosa si è mosso, in Perù, soprattutto per via dell’atteggiamento più aperto di Stati Uniti e Cina, ma in realtà si sono ripresentati ancora una volta i problemi di sempre: gli stati in via di sviluppo accusano i paesi industrializzati di aver causato immani danni e ora di chiedere un impegno sproporzionato a nazioni meno responsabili, e sopra ogni cosa, gli interessi economici dei singoli stati – specialmente di grandi nazioni come anche Canada, Australia e Russia – continuano a prevalere sugli interessi comunitari globali nella lotta contro i mutamenti climatici.
Le associazioni ambientaliste e buona parte della stampa hanno definito il risultato della conferenza di Lima del 2014 deludente, ma ovviamente c’è stato anche chi ha visto nei piccoli miglioramenti nelle trattative il motivo di un rinnovato ottimismo, tra i quali figura anche il nostro “allegro” ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha espresso particolare soddisfazione per le posizioni di Stati Uniti e Cina, e dopo aver vantato l’importanza rivestita dall’Italia nel meeting in quanto presidente di turno dell’UE, ha dichiarato che nonostante “non tutti i nodi sono sciolti e fino a dicembre 2015 ci sarà molto ancora da lavorare”, quanto ottenuto a Lima “ci consente finalmente di guardare avanti con fiducia”.
Noi, come molti altri, siamo lontani dal condividere l’ottimismo del ministro. Il risultato principale della conferenza ONU di Lima, messo nero su bianco, è l’obbligo dei paesi a presentare entro l’ottobre 2015 impegni chiari e definiti contro le emissioni inquinanti, che comprendano nel dettaglio azioni e interventi intrapresi e da intraprendere. E se si parla di passi avanti sul fronte Cina è Stati Uniti, risulta quantomeno preoccupante la posizione della Cina, che si ostina a definirsi paese “in via di sviluppo”, con relativa volontà di assumersi meno responsabilità rispetto ad altri giganti. Lo stallo cinese è stato infine sorpassato nei negoziati a Lima, ma l’Appello di Lima per l’azione per il Clima è una cosa, il nuovo protocollo vincolante di Parigi un’altra, quindi la fiducia con cui alcuni pretendono di guardare al prossimo anno appare, a conti fatti, non suffragata dai fatti. L’imperativo del 2015 è quello di evitare l’innalzamento di due gradi della temperatura mondiale e ancora una volta, per l’ennesima volta, le nazioni non si dimostrano sufficientemente determinate a segnare una svolta. Al momento possiamo solo sperare che qualcosa cambi in occasione del fatidico meeting parigino.
Photo credits | Ministerio de Relaciones Exteriores su Flickr
Hunter 1 Marzo 2017 il 1:01 am
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