Agli italiani e alle italiane che si interessano di antispecismo il nome di Leonardo Caffo non suonerà nuovo. Il giovane filosofo siciliano ha di recente pubblicato un nuovo libro con edizioni Sonda, Il maiale non fa la rivoluzione, in cui precisa la sua nuova teoria dell’antispecismo debole.
In realtà le questioni e le riflessioni che rendono interessante il libro non sono riducibili allo sviluppo della teoria dell’antispecismo debole in sé, teoria prettamente in fieri, di cui Caffo aveva già proposto alcuni abbozzi in passato. Tra i punti di interesse troviamo una rapida ripresa critica di alcune formulazioni utalitaristiche dell’antispecismo, quella di Animal Liberation prima di tutte. Ma ancor più interessante appare la critica al cosiddetto antispecismo politico, corrente che in Italia trova un punto di riferimento nei lavori di Marco Maurizi. L’antispecismo politico presuppone un’implicazione profonda tra liberazione umana e liberazione animale, ed è proprio su questa implicazione che Caffo fonda parte delle sue critiche
non abbiamo nessuna evidenza né argomenti di qualche tipo, per credere che la liberazione degli animali implichi (ovvero segua necessariamente) quella degli umani. […] Non abbiamo evidenze storiche, non abbiamo evidenze logiche che non permettano di immaginare mondi possibili in cui gli umani stanno benissimo sfruttando gli animali, e non avviamo quindi nessuna prova del ragionamento che stiamo facendo: in filosofia questa si chiama “opinione”.
Ovvero, non è detto che tale implicazione non sia possibile, ma non vi sono certezze né prove. Opportunamente, chi non è pratico delle teorie dell’antispecismo politico potrà trovare, oltre a queste e ad altre argomentazioni di Caffo, delle enunciazioni e delle contro critiche da parte di Maurizi nel dialogo tra l’antispecista debole e quello politico riportato in fondo al libro.
Ne Il maiale non fa la rivoluzione troviamo anche la teoria dell’antispecismo debole, debole in quanto teoria non completa dell’etica animale. Tra i lineamenti teorici della nuova teoria di Caffo troviamo il riconoscimento della necessaria rinuncia a privilegi umani (parte della natura umana) sottesa alla liberazione animale, una forte presa di posizione verso la disobbedienza civile, da portare avanti accettandone tutte le conseguenze, prigione compresa, nonché la rinuncia al ricorso ad “alleati politici” da parte dell’antispecismo, che deve basarsi solo su argomenti diretti dedicati a salvare gli animali.
Caffo fonda la sua teoria in divenire, in altre parole, su un assunto fondamentale già elaborato in ambienti antispecisti e portato avanti in passato dallo stesso Caffo: la liberazione animale va fatta per liberare gli animali, perché è giusto che si compia la liberazione degli animali. Non deve essere una lotta “per l’uomo” o “anche per l’uomo”: deve essere una lotta per gli animali e basta, al di là delle conseguenze potenzialmente negative che la ricerca della loro liberazione può avere nei confronti della società umana. Inoltre, si può aggiungere, con simili basi potremmo ricadremmo nell’ottica strumentale che, sotto sotto, è alla base dell’attuale situazione, o quantomeno si tratta di un rischio da tenere sempre ben presente. Le implicazioni di questi assunti di base, come si può intuire, sono molteplici e differenti.
L’antispecismo debole e l’antispecismo politico, quindi, sono al centro de Il maiale non fa la rivoluzione: si tratta di due teorie su cui si dibatte molto attualmente in Italia, e con questo volume il lettore potrà farsi un’idea della vivacità del dibattito, per poi approfondire recuperando testi e materiale relativo all’una o all’altra teoria. Un testo decisamente consigliato ad antispecisti navigati e non tanto navigati: gli spunti di riflessione e le possibilità di approfondimento sono assicurate.
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