Gli antichi Romani erano più ecologisti degli attuali romani. Ma anche degli attuali italiani, europei e dell’intera popolazione mondiale del XXI secolo. Lo sostengono un team di scienziati americani che ha analizzato le tecniche di costruzione dei tempi degli imperatori e si sono chiesti perché, dopo duemila anni, non solo il Colosseo ma anche acquedotti, porti ed altre costruzioni di quel tempo siano ancora in piedi, mentre quelle che costruiamo noi oggi dopo 50 anni hanno bisogno di manutenzione, altrimenti crollano.
La risposta è stata fornita dai campioni rilevati nella baia di Pozzuoli dove un porto romano è ancora lì da chissà quanto tempo, ed è stata quella che tutti si aspettavano: il segreto è nei materiali utilizzati. Oggi il cemento armato è composto da acqua, sabbia, cemento e ghiaia, e non sarebbe nulla senza il supporto dell’acciaio. I Romani non avevano a disposizione l’acciaio, e così per costruire edifici imponenti come il Colosseo facevano ricorso alla roccia vulcanica, alla calce e ad altri tipi di minerali che venivano modellati con l’acqua e poi, una volta solidificati, non li gettavi più giù.
Spiega l’ingegnere Marie Jackson dell’Università della California a Berkley che ha condotto lo studio:
Rispetto a quello romano, il cemento di Portland, quello che usiamo comunemente da 200 anni, in queste condizioni non durerebbe più di mezzo secolo prima di iniziare a erodersi. Impiegare oggi quelle tecniche di costruzione è una sfida per tutta l’industria. Ma si avrebbe quindi poi accesso a un materiale più solido ed ecologico da produrre.
Già perché la sorpresa è stata proprio questa: oltre ad essere più solido, il materiale usato dai Romani era più ecologico. Non che all’epoca ci fosse una corrente ecologista, era dato per scontato il rispetto dell’ambiente, ma Jackson ha dimostrato che le lavorazioni con quei materiali emettevano il 7% di CO2 in meno nell’atmosfera rispetto a quello che faremmo noi oggi per le stesse costruzioni. Ritornare ai vecchi metodi di costruzione forse sarà difficile, ma sappiamo che se volessimo costruire in modo più solido e sostenibile, non ci sarà bisogno di realizzare tecnologie fantascientifiche. Basta guardarci alle spalle.
[Fonte: Repubblica]
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