L’International Programme on the State of the Ocean (Ipso) ha appena ultimato la sua ricerca, e prima di pubblicarla (la presentazione avverrà presso il palazzo dell’Onu tra pochi giorni), ha voluto rilasciare un’anticipazione a tutti i media internazionali. Lo studio, che si è concentrato sullo stato delle specie marine, in particolare negli oceani, ha rilevato che la situazione è peggiore di quanto era stato previsto negli ultimi anni. Nell’intervista, rilasciata alla BBC ma che ha immediatamente fatto il giro del mondo, Alex Rogers, coordinatore dei ricercatori, ha definito i risultati “traumatici”.
Se consideriamo l’effetto cumulativo di quello che gli esseri umani fanno agli oceani, ci rendiamo conto che le implicazioni di questo impatto sono molto peggio del previsto
ha spiegato lo scienziato, che definisce “molto critico” lo stato di salute degli oceani. In particolare ci sono tantissime specie sulla soglia del rinnovamento biologico, il limite oltre il quale non ci sono abbastanza esemplari da garantire la sopravvivenza della specie. Ma ciò che preoccupa è che ce ne sono tante altre che questa soglia l’hanno già sorpassata, e di conseguenza rischiano di sparire in pochi anni. Le cause di tutto questo sfacelo sono sempre le stesse: aumento delle temperature, inquinamento, pesca eccessiva, acidificazione degli oceani.
Più di tutto è l’aumento della CO2 a preoccupare, dato che essa comporta l’aumento dell’acidificazione, e sta raggiungendo i livelli di 55 milioni di anni fa, quando ci fu l’ultima grande estinzione di massa della popolazione oceanica. Non si sa chi ci sia dietro quest’incremento, ma il panel di 27 scienziati che ha effettuato la ricerca ritiene che si tratti di un processo naturale che ciclicamente è sempre avvenuto nella storia della Terra, ma la cui velocità è stata improvvisamente accelerata dalle attività umane che hanno incrementato l’anidride carbonica nell’atmosfera.
Ma come fare per riuscire almeno a rallentare, se non si può risolvere, questo declino? Rogers ammette che qualcosa che si può fare c’è, a cominciare dalla pesca. Bisognerebbe infatti allargare le aree marine protette, dove la pesca è vietata, e migliorare le tecniche di pesca in maniera tale da evitare di pescare le specie a rischio, le quali ogni giorno sono sempre di più. Anche ridurre la CO2, almeno quella causata dall’uomo, può aiutare; la plastica che finisce in mare, la quale viene scambiata per cibo, e finisce con il soffocare molte specie; ma anche i rifiuti umani e agricoli. Il rapporto serve a far rendere conto ai Governi del problema che non si può più negare, ed è arrivato il momento di agire.
[Fonte: il Fatto Quotidiano]
Gianni Runco 23 Giugno 2011 il 2:30 pm
Oramai abbiamo raggiunto il punto di non ritorno!!!!!!!
Paola Pagliaro 23 Giugno 2011 il 9:10 pm
e mi sa tanto di sì!