Dopo decenni si era giunti ad un processo che aveva in parte risarcito, almeno moralmente, i familiari delle vittime dell’amianto. Ora la pena dell’amministratore delegato della Thyssen, Harald Espenhahn, è stata ridotta da 16 a 10 anni perché l’incendio che uccise sette operai non fu omocidio volontario. Tra urla e rabbia vogliamo dare voce alla giustizia!
E’ stato deciso questa mattina che il rogo alla Thyssen non fu omicidio volontario, ma omicidio colposo con “colpa cosciente”. La pena per l’allora amministratore Harald Espenhanh si riduce così da 16 a 10 anni di carceere. La corte d’Assise presieduta dal giudice Sandrelli ha cambiato anche altre pene di quello che è stato, e continua ad essere, il processo più lungo e doloroso della storia. Lo sconto di pena è stato dato anche agli alti dirigenti dell’azienda che negli anni ’80 trattava l’amianto in Italia: Gerald Priegnitz e Marco Pucci dovranno scontare 7 anni; il direttore dello stabilimento Raffaele Salerno, 8 anni; il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri, 8 anni; Daniele Moroni anche passa da 10 anni e 10 mesi a 9 anni.
Lo sdegno e la rabbia dei familiari delle vittime dell’eternit non sono valsi a nulla. La legge sembra non essere uguale per tutti. I parenti delle vittime hanno deciso di occupare la maxi aula del Palazzo di Giustizia per far sentire la loro voce. I loro cari non potranno tornare in vita, ma lo sconto della pena per i responsabili della loro morte, non va giù. Chiaramente c’è soddisfazione da parte della difesa e il legato dell’amministratore delegato della Thyssen, Ezio Audisio, si è detto soddisfatto della tesi accolta sull’insussistenza del dolo, riferendosi all’incendio che scoppiò la notte del 6 dicembre 2007 in cui morirono 7 operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. L’azienda era stata accusata di omicidio volontario perché, in vista della prossima chiusura dello stabilimento, aveva trascurato le misure di sicurezza. Non erano stati messi a norma gli impianti di rilevazione e spegnimento antincendio, nonostante la medesima assicurazione aveva indicato la necessità di interventi di questo tipo per la sicurezza dei lavoratori, in ricordo di un episodio senza conseguenze che si era avuto in uno stabilimento in Germania. La sentenza del primo grado aveva condannato gli imputati alle giuste pene, ma ora lo sconto non è tollerabile. Ora sono gli operai morti ad essere accusati di non aver informato con tempo l’amministratore delegato del degrado in cui versava lo stabilimento.
[Fonte: La Repubblica]
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