E’ stato presentato oggi a Roma il risultato di un progetto pilota sulla qualità dell’aria, partito nella Valle del Biferno, in Molise, quattro anni fa.
Attraverso strumenti di alta tecnologia, tra cui un cielometro, è stato possibile monitorare costantemente la qualità dell’aria e lo scenario meteodiffuso del sito geografico molisano.
Lo studio dei rapporti tra le emissioni inquinanti e i fattori meteo-climatici della Valle del Biferno ha preso in esame nello specifico il polo industriale di Termoli e il risultato è stato quasi inaspettato: il sistema messo a punto dall’ENEA ha rilevato che il 40% dell’inquinamento dell’area proviene dalle industrie locali, mentre il restante 60% da altre fonti, ossia automobili, riscaldamento domestico, cantieri per le infrastrutture.
Il progetto Valle del Biferno ha monitorato l’inquinamento atmosferico provocato dalle industrie nella Valle del fiume Biferno, è stato realizzato da ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ed ha visto la partnership di sei Università italiane, degli USA, di Russia e Finlandia, del Consib (Consorzio per lo sviluppo industriale della Valle del Biferno) e dell’ARPA Molise (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise). Il dato emerso è stato presentato nella conferenza Qualità dell’aria: nuovi metodi, nuovi strumenti, nuovo sistema di gestione. L’esperienza internazionale del polo industriale di Termoli in Molise, tenutasi questa mattina a Roma, al palazzo dell’Informazione. Con il termine meteodiffusità si indica l’attitudine di un luogo a disperdere o concentrare gli inquinanti in funzione delle proprie caratteristiche meteo-climatiche. Il nuovo sistema di monitoraggio che, come GMOS, il progetto partito alcune settimane fa per verificare l’inquinamento da mercurio e il progetto Intamap per calcolare l’inquinamento in tempo reale, ha messo insieme i sistemi di rilevazione alla fonte di tipo classico, come le centraline, con le caratteristiche meteoclimatiche dell’area: i venti e il Planetary Boundary Layer (Pbl), ossia la porzione più bassa dell’atmosfera direttamente influenzata dalla superficie terrestre che ne trattiene gli inquinanti. Come hanno spiegato i ricercatori del progetto
I movimenti complessi che avvengono in atmosfera sono una delle cause più importanti del fenomeno della dispersione degli inquinanti. Non sempre il tasso di inquinamento è più alto perché aumentano le emissioni per esempio da un’industria, piuttosto sono i fattori meteo a determinare una maggiore concentrazione di inquinanti nell’aria, a determinare un’aria più sporca, in quel preciso luogo. E questo cambia l’ottica con cui guardare alla qualità dell’aria.
Dunque a determinare la qualità dell’aria e l’inquinamento entrano in gioco altri due fattori
la chimica e la fisica dell’atmosfera, cioè il movimento delle masse d’aria, quelle che hanno portato fin in Europa l’inquinamento prodotto dal disastro di Chernobyl. Per monitorare l’inquinamento in un’area geografica bisogna quindi sapere dove vanno gli inquinanti. Questo è un punto cruciale.
Armando 1 Marzo 2017 il 1:09 am
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