Ambiente naturale e artificiale, DNA modificato, unione tra animali e robot, questi sono i temi prediletti da Eduardo Kac, artista poliedrico e sperimentatore, che fino al 25 settembre espone le sue opere al Parco Arte Vivente Centro Arte Contemporanea di Torino e al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (Torino). Con l’apporto dell’ingegneria genetica la sua arte transgenica va ad unire il vivente con il tecnologico. Il risultato è sorprendente, ce lo spiega Claudio Cravero, curatore della mostra.
Living works è la prima esposizione in Italia dedicata ad Eduardo Kac (Rio de Janeiro 1962) e ai temi della Bioarte e della Telepresenza. L’artista brasiliano da oltre trent’anni esplora e ricerca
le frontiere tra uomo, animale e robot approdando all’arte transgenica, dove il vivente, grazie all’ingegneria genetica forma con il tecnologico un tutt’uno.
L’artista è conosciuto principalmente per una delle sue ultime creazioni, GFP Bunny (2000), il coniglio Alba, reso fluorescente per la proteina GFP che si utilizza in campo scientifico come biomarcatore. In tal modo Kac vuole indagare nei rapporti tra natura e codice genetico, ma anche tra geni e proteine. Le sue opere sono una continua trasformazione, una ricerca, una discutibile indagine che unisce genetica ed estetica, intesa come arte del nuovo, dell’inedito, del piacevole o mostruoso. Il suo continuo divenire lo ha portato alla creazione di Edunia (2003/2008) da cui prende le mosse l’esposizione torinese. L’opera, che nel titolo sintetizzata i nomi Eduardo-petunia è frutto dell’unione di una pianta di petunia con il DNA dell’artista. E’ l’incontro delle forme biologiche viventi umano e vegetale, da non intendersi come antropomorfizzazione del vegetale nei confronti dell’uomo: è sintesi di due specie biologiche che si offrono alla vista, all’olfatto e al tatto del visitatore.
Nella medesima ottica va letta l’opera Essay Concerning Human Understranding (1994) dove Kac fa dialogare un canarino e filodendro: dei sensori trasmettono la melodia del canarino alla pianta che a sua volta comunica le sue influenze elettromagnetiche all’uccellino. Il titolo dell’opera allude al saggio di Locke che pensava, come i filosofi occidentali degli anni ’80, che non potesse esservi un dialogo tra diverse specie biologiche. Ora le tecnologia prova che questo dialogo può avvenire. Nella project room del Museo vi è infine il libro-scultura-laboratorio Chyper (2009), dove il rapporto tra natura e arte si materializza nelle pagine di un libro aperto che racchiude al suo interno pipette, capsule di Petri, provette, agar agar… fusione tra arte transgenica e biopoesia dove il visitatore può toccare con mano la scrittura.
[Fonte: Parco Arte Vivente]
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