Il bisogno energetico mondiale andrà sempre più aumentando e causerà una crescita delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030. A lanciare l’allarme è l’Agenzia Internazionale dell’Energia che ha stimato un aumento di oltre il 50% del fabbisogno energetico nel prossimi vent’anni. L’impiego più massiccio dell’energia, prodotta per l’80% dai combustibili fossili, farà registrate un aumento esponenziale delle emissioni inquinanti contro ogni previsione. Inutili gli attuali tentativi di riduzione di CO2 e il raggiungimento degli obiettivi assunti dal G20 di Cannes se non cambieranno i piani energetici e non si punterà sulle bioenergie.
Le bioenergie, in particolare i biocombustibili, rappresentano un’ opzione già disponibile in grado di assicurare sia risposte immediate sia ulteriori sviluppi tecnologici in tempi relativamente brevi.
Informano gli esperti che si sono riuniti a Roma per il workshop internazionale sulla lotta ai cambiamenti energetici. L’incontro, organizzato dal Global Bioenergy Partnership (Gbep) in collaborazione con il ministero italiano dell’Ambiente e il Forum Das Americas, ha coinvolto l’Europa e i principali Paesi dell’area Sudamericana e del Nord Africa. Attualmente le bioenergie contribuiscono per circa l’11% all’energia primaria, ma a livello globale rappresentano l’80% delle energie pulite. Solo mettendo in atto una politica di riduzione dell’uso del petrolio e dei combustibili fossili, si potranno realmente ridurre le emissioni e contribuire alla sicurezza alimentare e ambientale del Pianeta. Fondamentale è la ricerca delle energie di seconda e terza generazione, derivati da biomassa celulosica, da produzioni agricole non alimentari e da biocarburanti prodotti dalle alghe. L’Italia potrebbe diventare un referente molto importante per il settore delle bioenergie, avendo assunto l’impegno del 2005 durante il vertice del G8 di Gleaneagles, di raggiungere quota biocombustibili 10% per il trasporto urbano entro il 2020; come ha ribadito Corrado Clini, presidente del Gbep
Gli obblighi fissati a livello comunitario sono stringenti e per rispettarli l’Italia si troverà nella condizione di dover acquistare all’ estero il 90% dei biocombustibili per soddisfare la domanda. L’alternativa all’acquisto potrebbe essere l’investimento sui Paesi che, come l’Africa, hanno grandi prospettive sul piano produttivo. Abbiamo il know-how per sviluppare la tecnologia, lo dimostrano gli accordi di collaborazione Eni-Novamont, le ricerche e le sperimentazioni in corso sull’impiego delle alghe e, non ultimo, anche l’impegno dei privati come quelli del Gruppo Mossi&Ghisolfi che ha dato il via, nel vercellese, alla costruzione del primo impianto al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione. Occorre solo la volontà delle istituzioni.
[Fonte: Ansa]
[Photo Credit | Thinkstock]