Come per tutte le sue azioni, ancora una volta Greenpeace riesce a far scalpore. Da oggi tutti i viaggiatori che si recheranno in Danimarca, ed atterreranno all’aeroporto di Copenaghen, troveranno 9 manifesti di altrettanti leader politici mondiali, invecchiati al computer, dove si scusano per non aver fatto abbastanza per combattere i cambiamenti climatici.
La provocazione serve per mettere pressione ai leader che tra pochi giorni si incontreranno nella capitale danese in quanto, se non dovessero trovare un accordo vincolante sulla riduzione delle emissioni, potrebbero tra 10 anni effettivamente ritrovarsi ad essere costretti alle scuse pubbliche perché, a causa dei cambiamenti climatici, il mondo sarà diventato invivibile, e tutto per colpa dell’avidità e della poca mobilità che c’è oggi, quando siamo ancora in tempo per agire.
Lungo i corridoi dell’aeroporto troviamo dei manifesti con i volti di Obama (Usa), Merkel (Germania), Brown (Regno Unito), Sarkozy (Francia), Medvedev (Russia), Lula (Brasile), Tusk (Polonia), Harper (Canada) e Zapatero (Spagna) come gli attivisti di Greenpeace immaginano potranno essere nel 2020. Forse l’invecchiamento è esagerato, ma probabilmente è fatto apposta per far intendere quanto peserà la responsabilità di non aver agito, favorendo la distruzione del pianeta.
A confermare l’immagine negativa si legge, scritto a caratteri cubitali:
Scusate, potevamo fermare il catastrofico cambiamento climatico….ma non l’abbiamo fatto.
Con sotto lo slogan di Greenpeace per questa campagna “Copenaghen 2009: Agire ora – Cambiamo il futuro“. Uno slogan che fa un po’ il verso a quello della campagna elettorale di Obama che parlava di cambiamento. Un cambiamento che in generale si è visto molto poco, e che per ora, sugli aspetti ambientali, ancora non si è notato. Insieme ai manifesti, la campagna di Greenpeace si conclude anche con le richieste che prevedono un accordo vincolante sui punti fondamentali per salvare il pianeta:
- Taglio delle emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 per quanto riguarda i Paesi industrializzati;
- piano per fermare del tutto la deforestazione nelle foreste tropicali entro il 2020;
- almeno 140 miliardi di dollari l’anno per sostenere le spese per l’adeguamento dei Paesi poveri alla lotta contro il cambiamento climatico.
Se per il secondo ed il terzo punto qualche speranza di trovare un accordo c’è, è il primo che è molto problematico, e per come stanno adesso le cose, anche un accordo sulla metà, -20% entro il 2020, sarebbe un buon traguardo.