In questo periodo di crisi economica, sempre più nera, si avverte che tagli e misure d’emergenza non saranno sufficienti a superare le difficoltà, non a lungo termine almeno. In questo modo si aggira semplicemente l’ostacolo ma la mancanza di crescita e la riduzione dei consumi faranno precipitare in un baratro sempre più profondo. Da più parti suggeriscono che la risposta alla crisi non viene dal taglio sconsiderato delle risorse ma da investimenti spostati dal consumismo sfrenato e calibrati e puntati verso un futuro sostenibile, verso mercati verdi che dipendano da risorse che non oscillano come i fossili, su cui si può contare senza guerre e compromessi, come il vento, il sole, il geotermico, le maree.
Piuttosto che tagliare fondi alla cultura, al patrimonio artistico e paesaggistico italiano, inoltre, si potrebbe incentivare e sostenere il turismo sostenibile, il turismo culturale ed enogastronomico per dare nuovo slancio all’economia locale e dunque risollevare i consumi, riprendere a crescere in modo dinamico, giovane ma meno aggressivo sia per le casse dello Stato che per il territorio. Sull’accorpamento dei Comuni, ad esempio, Legambiente si chiede se sia il caso di togliere linfa ad alcuni tra i borghi più belli d’Italia, piccoli ma grandi nella ricchezza, nell’arte, nella bellezza, fonte di attrazione turistica, fulcro di tradizioni, artigianato, spessore enogastronomico, eccellenza del patrimonio italiano. In Abruzzo ad esempio sono 105 i borghi che rischierebbero di non avere futuro, come ci spiega Luzio Nelli dalla segreteria di Legambiente Abruzzo:
I piccoli Comuni d’Abruzzo svolgono un ruolo fondamentale nella conservazione di ricchissime tradizioni locali, di un patrimonio artistico impareggiabile ma anche di una qualità della vita invidiata in tutto il mondo. Essi si rendono roccaforti di identità e custodi del nostro patrimonio storico-artistico, naturale ed enogastronomico, dal momento che si confermano spesso come luogo privilegiato di sperimentazione in fatto di energia, economia verde e riciclo dei rifiuti e che il territorio di quasi il 70% dei piccoli Comuni è interessato da aree protette. È un gravissimo errore considerarli come un’eredità del passato, perché al contrario possono rappresentare una straordinaria occasione per difendere le nostre qualità e costruire il futuro. Non possiamo rinunciare ad un’opportunità decisiva per entrare, con la nostra identità, nei mercati globalizzati, scommettendo su queste realtà.
E’ evidente, però, che Calderoli, Tremonti &co sono insensibili agli appelli che arrivano dal cuore dell’Italia che non è fatto evidentemente solo di pinguedini signori in SUV che vivono in attici e si fanno di cocaina per trovare un senso alle loro inutili vite e che con le loro speculazioni hanno più contribuito alla crisi, ma soprattutto di artigiani del proprio destino, gente che vive e valorizza la sua comunità, trasformando in business le tradizioni più semplici, con l’estro creativo che è proprio degli italiani che fanno grande l’Italia lavorando onestamente. Le stesse persone che per prime hanno investito in differenziata, rinnovabili e sviluppo sostenibile ancor prima che nelle metropoli si diffondesse la moda eco-chic, persone per cui tutelare l’ambiente e difendere la bellezza del posto in cui sono nati non è una moda passeggera, è un modo di vivere radicato. Per uscire dalla crisi si deve intervenire su quello che non funziona, non su quelle micro-comunità che sono esempi di efficienza ed autosufficienza, ma è un concetto troppo semplice per essere compreso dalle logiche astruse che ci governano.