L’abusivismo edilizio, il degrado e l’inquinamento stanno distruggendo metà del nostro patrimonio storico e naturalistico. 23 siti italiani inscritti tra i beni nell’UNESCO su 45 rischiano di scomparire. Non si tratta solo degli ecomostri che deturpano le nostre coste e imbruttiscono il paesaggio, come accade a Noto nel sicarusano dove la Guardia di finanza sta mettendo sotto sequestro 22 tra villette residenziali e immobili costruite senza scrupolo lungo le coste, ma dei luoghi di tutti i giorni come il centro storico di Roma, la città di Venezia e la sua Laguna, i centri storici di Siena, Napoli e Urbino, la città di Verona minacciate oltre che dall’abusivismo edilizio e dal degrado, dallo smog e dall’inquinamento.
I danni sono inestimabili. Ci sono stati altri precedenti simili come nelle Cinque Terre o nella Val D’Orcia in Toscana
ricorda Giovanni Puglisi, Presidente nazionale della Commissione italiana per l’UNESCO, dove sono stati bloccati i lavori di costruzione di 96 ville a schiera a ridosso del piccolo borgo medievale tutelato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura
L’UNESCO non può fare nulla. Spetta alla Regione decidere come procedere in situazioni di criticità o di abusivismo.
Quel che può fare la Commissione è escludere il sito dai beni tutelati come patrimonio dell’Umanità e togliere dunque ulteriori fondi laddove la criticità è dovuta proprio alla mancanza di investimenti per migliorie e manutenzione, ma non è certo rendendo edificabile un terreno che per sua natura non può esserlo che si risolve il problema. Un sito inserito nei beni dell’UNESCO è un luogo speciale per la ricchezza del suo patrimonio naturalistico, artistico, storico, un’eccellenza in tutto il mondo. Il rischio che luoghi magici, liste delle meraviglie, possano scomparire a causa dell’uomo, consapevole o inconsapevole artefice del loro futuro, non è accettabile. Eppure è così il degrado, l’abbandono e l’abusivismo edilizio non si arrestano di certo con condoni edilizi oppure girandosi dall’altra parte.
[Fonti: Legambiente; UNESCO; Adnkronos]
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