Un nuovo studio internazionale svela nuovi dettagli sull’inversione dei poli magnetici terrestri, un fenomeno che, a differenza di quanto si credeva fino a oggi, può avvenire molto rapidamente, nell’arco temporale di una vita umana.
Sebbene ancora non ne siano del tutto chiari i motivi, l’inversione dei poli magnetici terrestri è un fenomeno del tutto certo e l’ultimo risale a circa 786 mila anni fa (evento definito “transizione Matuyama-Brunhes“). A rivelare nuovi dettagli sulla dinamica del processo è il recente studio di un team internazionale con esperti dell’INGV, dell’Igag-Cnr, della Columbia University, dell’LSCE di Berkeley, del CEA-CNRS e del Gif-sur-Yvette. La nuova ricerca si basa su un sistema di indagini sulle proprietà paleomagnetice di una sequenza sedimentaria sul bacino di Sulmona, in Abruzzo. Come è noto alcune rocce contengono ossidi di ferro che orientano la propria magnetizzazione seguendo la direzione del campo magnetico presente al momento in cui si formano, e attraverso di esse è possibile ricostruire l’andamento del campo magnetico della terra. Come ha spiegato Biagio Giaccio dell’Igag-Cnr
L’inversione di polarità del campo magnetico terrestre risulterebbe quindi compresa tra livelli di ceneri datati tra 781mila e 792mila anni fa. Mentre i sedimenti si accumulavano sul fondo del lago con un tasso medio di circa 2 cm al secolo.
I dati rilevati entro questo nuovo studio sottolineano come l’inversione del campo magnetico terrestre della transizione Matuyama-Brunhes si verificò in un intervallo di tempo minore di quello necessario a risolvere i sedimenti, ovvero in un arco temporale molto inferiore a quanto si riteneva in precedenza. Il tasso è infatti circa 10 volte più rapido di quanto si credesse. Come ha aggiunto Biagio Giaccio, tale studio ha fornito ottime registrazioni sulle caratteristiche e la variabilità a livello temporale del campo magnetico della Terra durante un’inversione dei poli magnetici e ha indicato come questo fenomeno possa svilupparsi “in tempi comparabili alla durata di una vita umana”. Con l’inversione vera e propria che accadere istantaneamente. Il ricercato dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Leonardo Sagnotti, che ha guidato la ricerca i cui risultati sono stati di recente pubblicati sul Geophysical Journal International, ha poi spiegato il periodo di instabilità durato circa 6000 anni che ha preceduto l’inversione dei poli magnetici
è stato caratterizzato da due intervalli di tempo, di circa 2000 anni ciascuno, in cui l’intensità del campo diminuì drasticamente a valori equivalenti a meno della metà di quella che ha il campo attualmente. La brusca inversione dei poli avviene verso la fine dell’intervallo più recente di bassa intensità del campo.
Va inoltre ricordato che benché l’inversione dei poli magnetici del nostro pianeta sia un evento di enormi dimensioni, correlato alla circolazione di tipo convettivo che avviene nel fluido metallico della Terra, in relazione a tale evento non vi sono catastrofi globali o comunque di grande entità effettivamente documentate. Tuttavia la riduzione del campo magnetico nel periodo di instabilità precedente l’inversione vera e propria potrebbe generare, almeno in linea teorica, problemi per i sistemi satellitari e le reti per la distribuzione dell’energia elettrica a causa della più forte penetrazione del vento solare verso la superficie del nostro pianeta.