Nel 2009, la popolazione di persone malnutrita si calcola sia superiore ad un miliardo per la prima volta in base alle nuove stime pubblicate dalla FAO. È difficile immaginare 1 miliardo di persone, e per questo si tende a sottovalutare tale dato. Il più recente aumento registrato dalla FAO non è la conseguenza della scarsa raccolta di cibo a livello mondiale, ma è dovuto in larga parte alla crisi economica mondiale che ha portato ad abbassare ulteriormente il reddito delle famiglie e ad incrementare la disoccupazione.
Il secondo problema che riguarda la sicurezza alimentare è la desertificazione, le inondazioni, l’adattamento delle comunità alla tecnologia moderna, la stagionalità delle colture alimentari e le corrispondenti scarsità dei raccolti. Ma c’entra anche la qualità dell’alimentazione, che vede un incremento di mancanza di ferro, con conseguente anemia, e tabù che inibiscono le persone a mangiare cibi che sono ancora disponibili (ad esempio le mucche in India).
Le procedure per migliorare la condizione di deficit alimentare comprendono la creazione di politiche dei Paesi che devono tamponare le oscillazioni dei prezzi dei prodotti alimentari materiali sui mercati internazionali, incoraggiare il settore agricolo nazionale, e fornire un quadro di riferimento per decidere se debba essere dato un aiuto in denaro o in natura.
Ian Douglas riprende il tema di ambiente fisico, ma qui la preoccupazione principale riguarda le inondazioni, piuttosto che la desertificazione. Egli fa notare che il cambiamento climatico rischia di provocare un aumento delle precipitazioni, in quantità e durata, che porteranno alle alluvioni in Asia del Sud, le quali saranno destinate a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita di quelle popolazioni.
Paul Dorosh sottolinea che il forte aumento dei prezzi dei cereali a livello internazionale nel 2007 e nel 2008 ha avuto un profondo impatto sulla sicurezza alimentare dei Paesi in questo settore, ma mette in guardia contro un eccesso di reazione con le politiche che, in definitiva, porterebbero ad una crescita economica lenta e ad inibire la riduzione della povertà. Invece, egli sostiene l’accumulo di scorte nazionali di grandi dimensioni per evitare aumenti di prezzo, il ricorso a scambi internazionali per limitare la necessità di interventi pubblici nella maggior parte degli anni, la promozione del settore agricolo nazionale e programmi mirati alla sicurezza per le famiglie più povere.
Altri autori considerano i rischi per la sicurezza alimentare dovuti alla “maligna” introduzione di agenti patogeni delle piante, che sviluppano una grave epidemia di malattie delle piante, i quali poi si ripercuotono anche sull’uomo. Il quadro proposto da tutti questi autori ci consegna una Terra sempre più alla deriva, in cui l’aumento del fenomeno della fame non è dovuto soltanto ai problemi “classici”, cioè che una parte del mondo si appropriava della maggior parte delle risorse, lasciando solo le briciole ai poveri. Oggi il problema è molto più preoccupante in quanto il numero degli affamati sta aumentando a causa di fenomeni naturali, ma conseguenza delle azioni umane. Ciò significa che, senza delle importanti contromisure, non solo queste persone saranno destinate a vedere la propria condizione peggiorare, ma tale problema arriverà a colpire anche il mondo industrializzato, cioè noi, e se non lo preveniamo, ce ne accorgeremo quando sarà troppo tardi.
Mattia 29 Giugno 2009 il 10:15 am
Ricordiamo che un’alta percentuale di desertificazione è provocata dagli allevamenti intensivi.
Consumo di carne e fame nel mondo.
http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=583