Approvato all’unanimità dal consiglio d’amministrazione dell’HEFV il progetto per trasformare la Route 66 in autostrada elettrica. La Fondazione dei veicoli elettrici a stelle e strisce ha scelto di battersi in grande per la mobilità del futuro negli USA, scegliendo per il proprio progetto la più famosa strada americana.
La Fondazione dei Veicoli Elettrici americana, l’HEFV, punta sulla più famosa strada di tutti gli States, la Route 66, per il suo progetto dedicato alla prima autostrada elettrica d’America. Non è, ovviamente, una scelta dettata solo da questioni tecniche, la Route 66 più che una strada è un cult, uno dei simboli stessi degli Stati Uniti: trasformarla in un’arteria dedicata alle auto elettriche avrebbe quindi un enorme valore simbolico.
Uno dei simboli dell’America, secondo il progetto HEFV, non perderebbe nulla del suo valore storico, ma potrebbe al contempo rappresentare alla perfezione la volontà di guardare al futuro, a un futuro caratterizzato dall’attenzione allo sviluppo sostenibile e intelligente. Il progetto per l’autostrada elettrica risulterà protagonista, dal 14 al 17 agosto 2014, del grande Festival Internazionale della Route 66 che si tiene a Kingman, nell’Arizona. Tra i temi vi sarà per l’appunto la “Presentazione dell’installazione delle stazioni di ricarica lungo la Mother Road (Route 66)”.
L’HEFV sembrerebbe stia pensando che sia giunto il momento giusto per “tirare la testa fuori dal sacco”: secondo Roderick Wilde il prossimo Festival potrebbe vedere anche la nascita del primo Museo Internazionale dei Veicoli Elettrici del pianeta. E non mancheranno nemmeno le presentazioni di versioni elettriche di grandi auto americane del passato, come la Detroit Electric del 1930 e la Ford Roadster del 1929.
L’idea sarà ormai chiara: un occhio puntato al futuro (la creazione di un’autostrada “elettrificata” piena di stazioni per la ricarica dei veicoli) e un occhio puntato al passato, alla storia della nazione e alle sue tradizioni. Come a dire: passato e futuro possono convivere.
Photo credits | Vicente Villamon su Flickr