Le trivellazioni in Italia non si fermano, il WWF con il suo rapporto Trivelle in Vista lancia un nuovo allarme sulle prossime esplorazioni nei nostri mari: si parla del Golfo di Taranto, del mar Ionio e, immancabilmente, del Canale di Sicilia.
Il WWF torna a parlare di trivellazioni petrolifere denunciando le prossime esplorazioni che verranno portate avanti nei nostri mari. Un argomento di cui non si parla mai abbastanza: la deriva petrolifera innescata a suo tempo da Passera e Clini continua. Con la strategia energetica nazionale del marzo 2013 ci si muove verso un raddoppiamento della produzione nazionale di idrocarburi: andiamo, in sostanza, in direzione opposta rispetto alla decarbonizzazione e alla strategia di ecosostenibilità che andrebbe intrapresa.
E quindi, arriveranno con ogni probabilità nuove trivellazioni, peraltro annunciate. Abbiamo tre istanze di permesso di prospezione attive per i nostri mari, 31 istanze di permesso di ricerca, 22 permessi di ricerca, altre 10 istanze di coltivazione, e poi 67 concessioni di coltivazione per 396 pozzi di cui 335 dedicati al gas e 61 all’oro nero.
Cosa chiede il WWF? Come tutti gli ambientalisti, chiede la sospensione dei permessi e un cambio di rotta politico ed economico. Ma è molto, molto interessante notare che tali affermazioni non si basino solo su questioni puramente etiche. Occorre di fatti considerare che secondo i dati dello stesso Ministero dello sviluppo economico nei nostri fondali vi sono circa 10,3 milioni di tonnellate di petrolio, almeno tra le riserve accertate.
Possono sembrare molte ma in realtà sono pochissime: coprirebbero il fabbisogno nazionale per la bellezza di 7 settimane, ammettendo per via ipotetica che si lavorasse all’estrazione di tutto il petrolio. Cifre che dovrebbero far riflettere sull’utilità di ricerche, prospezioni, trivellazioni che apportano distruzioni ai nostri ecosistemi marini, e che ne porteranno ancora nello Ionio, nel Golfo di Taranto e nel Canale di Sicilia, se non ci si decide a cambiare rotta.
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