Negli anni ’60 e ’70 la Francia trattò la Polinesia come se fosse un poligono di tiro. Solo che non si sparavano normali proiettili ma bombe atomiche. Lo ha scoperto il quotidiano Le Parisien che ha pubblicato alcuni documenti in cui si attesta che in quel periodo, in piena guerra fredda, l’arcipelago colonia francese fu terreno di diversi esperimenti atomoci i cui risultati sono sempre stati minimizzati dalle autorità.
L’inquinamento da radiazioni infatti si allargò molto più di quanto non fu ammesso all’epoca, facendo esporre la popolazione di Thaiti a livelli di becquerel di 500 volte maggiori rispetto ai livelli massimi considerati sicuri per un essere umano. E l’aspetto più disarmante è che non si tratta solo di eventi molto in là nel tempo dato che l’ultimo è stato effettuato nel 1996. In tutto, in 46 anni di questa sciagurata politica, la Francia ha effettuato in Polinesia 193 test nucleari, a cui se ne aggiungono altri 17 effettuati nel deserto del Sahara algerino.
Per decenni i presidenti che si sono succeduti hanno spiegato che si trattava di “esplosioni controllate” e soprattutto pulite, fino all’avvento di Jacques Chirac che le ha criticate e negli anni ’90 ha chiuso l’era degli esperimenti. Ma com’è la situazione oggi? Decenni dopo gli esperimenti, la Polinesia francese è una delle nazioni con il più alto tasso di tumori al mondo. In particolare tumori alla tiroide e leucemie. A causa di queste constatazioni le associazioni dei lavoratori di Mururoa e Tatou hanno chiesto che fosse fatta chiarezza per le future generazioni, e così molti vasi sono stati scoperchiati.
È stato scoperto ad esempio che oltre un centinaio di pagine delle relazioni ufficiali erano state insabbiate, ed in quel testo c’era la prova secondo cui le autorità francesi sapevano cosa avevano combinato, ma hanno fatto finta di niente. La conferma è arrivata nel 2006 grazie ad un gruppo di medici che ha rilevato come la diffusione del cancro così devastante non fosse normale perché si estendeva a tutte le isole intorno a quelle della Polinesia, contagiando indiscriminatamente chiunque vivesse in quelle terre. La devastazione fu dovuta anche alle misure di sicurezza praticamente inesistenti dato che, ad ogni test, la popolazione non veniva avvertita, e così gente in maglietta e pantaloncini si trovava di fronte ad un’esplosione, mentre a chi ne era al corrente le autorità consigliavano soltanto di usare occhiali protettivi o di girarsi di spalle per non rimanere accecati. Vedremo se oggi, a distanza di mezzo secolo, qualcuno pagherà.
[Fonte: the Guardian]
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