Anche se le attività online sono quelle consumano ed inquinano meno, perché permettono di risparmiare sugli spostamenti ed in altri settori, non è detto che siano completamente pulite. I data centre, i grandi macchinari che permettono ai computer di tutto il mondo di essere collegati tra loro, sono i tubi di scappamento di internet. Ogni anno inquinano come se fossero centrali elettriche, e così da tempo si sta cercando di capire come fare per ridurre il loro impatto ambientale. La Colt, azienda britannica leader in Europa, ha inventato un metodo che sembra funzionare.
Nel 2010 l’azienda ha iniziato la sua attività di installazione dei data centre ed ha ottenuto un risparmio energetico del 10% rispetto a quelli tradizionali. Negli anni successivi il risparmio si è attestato sull’8%. Possono sembrare numeri piccoli, ma se basati su 30 mila metri quadrati di data center in tutta Europa, compresi due in Italia, il risparmio complessivo di questi tre anni si è attestato sui 4 milioni di euro. A noi interessa ovviamente il punto di vista ambientale, e questo è quello che sono riusciti ad ottenere: 43 Gigawatt/ore equivalenti a 15 mila tonnellate di CO2 in meno nell’atmosfera.
Se i suoi data center fossero applicati a tutto il Continente, il risparmio entro il 2020 arriverebbe ad ammontare a 300 milioni di euro per 1,2 milioni di tonnellate di CO2, più o meno l’intera quantità di inquinamento di Milano e provincia.
Dal punto di vista ambientale e dei costi, Colt ha dimostrato che si può ottenere un sostanziale risparmio energetico migliorando l’efficienza all’interno dei singoli padiglioni dedicati ai dati, così come nell’intera infrastruttura dei data centre, sia dentro che fuori. La nostra esperienza conferma che buona parte di tale risparmio deriva da una serie di semplici interventi capaci di apportare rendimenti consistenti entro un periodo di tempo che va da dodici a diciotto mesi. Visto il profilo per età e stato delle sedi dei data center in Europa non c’è ragione per cui le riduzioni dei consumi non possano essere replicate su larga scala nell’intero settore
ha spiegato Ian Dixon, vice presidente di Colt, il quale ha aggiunto che per ottenere questi risultati non servono tanti soldi ma solo investimenti minimi perché si agisce sulla gestione del flusso d’aria potenziato, sui sistemi di misurazione più accurati e sulla restrizione degli intervalli di tolleranza per la temperatura dell’aria di raffreddamento e umidità.
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