Gli scienziati stanno per la prima volta valutando i modi per aiutare le specie di adattarsi al rapido cambiamento climatico e alle altre minacce ambientali attraverso strategie che sono state considerate troppo radicali solo cinque o dieci anni fa. Tra queste strategie attualmente in esame c’è la cosiddetta “delocalizzazione gestita“. Conosciuta anche come “migrazione assistita“, si tratta dello spostamento manuale delle specie in habitat migliori rispetto a quelli in cui attualmente si trovano.
Un nuovo strumento pionieristico per aiutare in questo compito è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). I ricercatori finora avevano evitato tale strumento per non causare l’estinzione di alcune specie locali, o intasare gli habitat. Allora perché adesso lo si sta prendendo in seria considerazione? Perchém secondo Jessica Hellmann, una delle autrici dello studio:
è evidente che la stragrande maggioranza degli animali sarà danneggiata dal cambiamento climatico molto velocemente. Le conseguenze le potremo rilevare all’interno di decenni, non secoli. Quindi, l’azione sembra molto più importante di quello che poteva sembrare 5 o 10 anni fa, quando le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra erano inferiori.
Ma la delocalizzazione gestita non è l’unica strategia di adeguamento controverso attualmente preso in esame dagli scienziati. Altre strategie includono concimazioni degli oceani per aumentare l’assorbimento di gas a effetto serra e quindi a ridurre i cambiamenti climatici; la conservazione degli enormi corridoi migratori che può estendersi fino a migliaia di chilometri per preservare la diversità genetica delle specie minacciate.
Molte specie sono sopravvissute precedentemente ai cambiamenti climatici passando naturalmente all’habitat più ospitale. Ma oggi la presenza delle città e di altri ostacoli innaturali e la velocità del cambiamento climatico mettono in pericolo questo passaggio evolutivo che, la storia ci insegna, di solito avviene nel corso di secoli, se non di millenni.
Questo dibattuto strumento, ancora in fase di studio, non è applicabile solo alle specie minacciate dall’estinzione. Oltre ad affrontare la delocalizzazione di queste specie, i ricercatori vorrebbero estenderlo anche alle piante e alla natura che può comportare alcuni vantaggi economici. Al contrario, gli ambientalisti vorrebbero che il patrimonio naturale degli ecosistemi rimanga inalterato e che affronti naturalmente i rischi. Altre metodologie per affrontare il problema sono attualmente in fase di studio.