Gli abitanti delle Canarie scendono in piazza, organizzano campagne di raccolta firme, creano materiale informativo e protestano in massa come mai era accaduto prima. Il motivo? Le trivellazioni a breve distanza dalla costa che potrebbero devastare le isole dal punto di vista ecologico nonché economico.
Gli abitanti delle Canarie uniti nella lotta aperta contro le trivellazioni da quando, lo scorso marzo, il governo spagnolo, e in particolare il ministro dell’industria spagnolo José Manuel Soria López ha accordato alla multinazionale petrolifera Repsol prospezioni nei mari delle Canarie, che se riveleranno, come sembra la multinazionale sia convinta, un enorme giacimento petrolifero, si concretizzeranno in trivellazioni alla profondità di 1500 metri (la stessa della piattaforma Deepwater Horizon al centro del disastro petrolifero nel Golfo del Messico). Non solo: le trivellazioni saranno anche vicine alla costa delle isole, solo 25 km dalle spiagge di Lanzarote e 10 dalle spiagge di Fuerteventura. Per quale motivo le trivellazioni verrebbero effettuate così vicino? Poiché a 60 km dalla costa vi è la linea di divisione con le acque marocchine, e dato che il Marocco non si è detto per nulla favorevole al progetto la Repsol, e la Spagna, non possono allontanarsi troppo dalle coste delle Isole Canarie.
Il Cabildo, il consiglio politico delle isole, il governo regionale delle Canarie e tutta la popolazione delle isole è unita nella protesta nessuno, ma davvero nessuno vuole sentire parlare di trivellazioni. I responsabili del Cabildo di Fuerteventura hanno dichiarato:
Siamo contrari a questo progetto per due ragioni principali: i rischi ambientali in primis, ma anche per le possibili ricadute sul turismo. Queste isole vivono quasi esclusivamente di turismo, e un progetto del genere, con l’elevato rischio di incidenti che si porta appresso, potrebbe minare la principale fonte di reddito delle isole. È inspiegabile come un ministro nato su queste isole abbia potuto dare l’ok per un progetto di questo genere. Ma forse un motivo c’è: gli interessi della Repsol, grazie alla presenza di ex dirigenti e persone molto influenti all’interno del governo e dei ministeri, sono più importanti del futuro di un arcipelago.
La multinazionale Repsol ha dichiarato che gli impianti per le trivellazioni porterebbero, anche per i canarioti, dai 3 mila ai 5 mila posti di lavoro, ma la risposta piccata degli isolani è stata che praticamente nessuno del luogo ha competenze elevate in un simile settore. Insomma nelle Canarie è lotta aperta contro le trivellazioni, ma le proteste riusciranno davvero a scalfire l’intesa tra la Repsol e il governo spagnolo?
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