Quando si fanno rilevazioni sull’inquinamento, gli istituti che stilano le graduatorie si dovrebbero fidare di ciò che comunica il Governo. Una pratica rispettata in tutto il mondo, ma che non è vista come trasparente in Cina dove, nonostante l’aria sia irrespirabile nella maggior parte delle città, il Governo continua a diffondere dati incoraggianti. Ora però qualcosa può cambiare. Da qualche mese infatti l’ambasciata statunitense a Pechino, Shanghai e Canton sta immettendo su Twitter i dati che lei stessa rileva. E ciò non poteva che stimolare la reazione del Governo cinese.
I dati americani, bisogna ammetterlo, sono parziali visto che prendono le rilevazioni soltanto da una centralina posta sul tetto dell’edificio dell’ambasciata, mentre quelli cinesi fanno la media di più centraline sparse in diverse zone della città. Ma l’aver diffuso dati differenti da quelli “ufficiali” non poteva non irritare i tanto rigidi cinesi. Lì tutto è deciso dal regime, ed infatti il Ministro dell’Ambiente ha dichiarato illegittimi i dati diffusi dagli americani perché delle rilevazioni se ne può occupare solo il Governo. Per questo ha chiesto di smettere, ma gli americani non ci sentono.
Secondo l’ambasciatore quei dati servono agli altri cittadini americani che vivono in quelle città per capire se in quella determinata mattina è il caso di uscire per fare una passeggiata, recarsi al lavoro in bicicletta o è meglio restare in casa, ma essendo pubblicati su Twitter, li possono consultare tutti, anche i cinesi stessi, che si rendono conto che gli istituti interni li hanno sempre presi in giro.
Secondo il ministro, messo alle corde dalla enorme differenza tra le due rilevazioni, i parametri cinesi sarebbero diversi perché, trattandosi di un Paese in via di sviluppo, non può avere le stesse regole dell’EPA americana. Peccato che le regole dell’EPA valgano in tutto il mondo, tranne che proprio in Cina. Prima di questo scandalo, secondo l’Università di Yale, quel Paese era al ventottesimo posto nella classifica della sostenibilità ambientale su 132. Non un risultato di cui andare fieri, ma nemmeno così grave. Se però cominciassero a circolare dei dati più credibili, come quelli dell’ambasciata americana, forse la Cina crollerebbe verso le ultime posizioni.
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