La sindrome Nimby (Not In My Back Yard, non nel mio giardino) colpisce anche il mondo delle rinnovabili. A segnalarlo è l’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, diffondendo i dati relativi alle contestazioni mosse dai cittadini alle opere di pubblica utilità ed agli insediamenti industriali sul territorio.
Nel corso del 2010 la sindrome si è estesa facendo registrare 302 casi, con un incremento del 13,1% rispetto al 2009.
Gli impianti da fonti rinnovabili sembra siano sempre più contestati, tanto che ben l’85% dei siti produttivi finiti nel mirino delle proteste sono progetti di centrali alimentate da fonti rinnovabili ovvero centrali a biomassa, eoliche, fotovoltaiche ed idroelettriche.
La sindrome Nimby è più diffusa nel Nord Ovest e nel Nord Est del Paese, con il 50% dei casi segnalati proprio in queste aree. Sud e Centro raccolgono una fetta di proteste pari al 20-25%. Il settore più contestato è il comparto elettrico con il 58%, seguito dai rifiuti al 32,5%, dalle infrastrutture al 5,3% e dagli impianti industriali al 4,1%. A stupire, quest’anno, è stato però proprio l’aumento del dissenso per gli impianti da rinnovabili, anche se in effetti potrebbe essere motivato dalla maggiore diffusione dell’industria rinnovabile rispetto agli anni precedenti. Spiegano gli esperti del Nimby Forum che questo dato è una conferma di come,
nonostante un consenso formale, anche le fonti rinnovabili siano in realtà oggetto di forti contestazioni, spesso motivate da timori per gli effetti sul paesaggio o sull’avifauna locale.
Secondo Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, il dissenso alle energie rinnovabili sarebbe il frutto di una campagna mediatica a favore del nucleare:
con le bugie sui costi delle rinnovabili in bolletta. Contro le fonti pulite si sono schierati, infatti, i paladini dell’atomo, mentre sarebbe lungimirante e positivo operare a sostegno delle rinnovabili, dando certezze a imprese, cittadini, enti locali, per sviluppare innovazione e qualità nel territorio, e consentire in poco tempo di raddoppiare gli attuali 120 mila occupati nel settore. […] La responsabilità delle contestazioni dei cittadini poi va addebitata anche a chi non ha fatto nulla per garantire la correttezza delle realizzazioni di questo tipo di impianti. Molte proteste si sarebbero potute evitare se il governo e le Regioni avessero approvato nei tempi giusti linee guida certe e condivise.
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