Una nuova specie batterica a tre chilometri di profondità nella superficie terrestre. E’ quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory. Si tratta di un batterio denominato Desulforudis audaxviator, scoperto a circa 2,8 chilometri di prodonfità nella miniera di Mponeng in Sud Africa. Il batterio è in grado di sopravvivere nella totale assenza di luce e di ossigeno ad una temperatura di quasi 60 gradi C, sfruttando l’energia sprigionata dall’idrogeno e dai solfati presenti nelle rocce a causa del decadimento radioattivo dell’uranio. Il Desulforudis audaxviator è, quindi, un organismo autotrofo capace, cioè, di sintetizzare le proprie molecole organiche a partire da sostanze inorganiche come il carbonio, l’acqua e l’azoto.
Fred Brockman e Says Chivian, due dei ricercatori che hanno condotto lo studio, hanno analizzato i geni della nuova specie batterica ed hanno scoperto che il Desulforudis audaxviator possiede alcuni geni tipici dei microrganismi che appartengono al regno degli Archea e che gli permettono di vivere in ambienti cosi ostili. I ricercatori cercano di spiegare la scoperta ipotizzando una convivenza del Desulforudis audaxviator con gli Archea e il conseguente passaggio di geni attraverso il trasferimento genomico orizzontale. Gli scienziati hanno studiato il genoma del Desulforudis audaxviator ed hanno osservato che in esso è presente tutto ciò che serve al batterio per vivere come la capacità di nutrirsi, riprodursi, muoversi attraverso un flagello e di proteggersi da attacchi esterni grazie alla produzione di endospore. Quest’ultima capacità consente al batterio di sopravvivere in condizioni di siccità, di calore elevato e di mancanza di nutrimento. L’unica condizione a cui il Desulforudis audaxviator non è in grado di porre rimedio è la presenza dell’ossigeno che causerebbe la morte dell’organismo.
La scoperta deli ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory è molto importante e gioca un ruolo fondamentale nello studio di organismi in grado di vivere senza l’energia della luce solare e adatti, quindi, alla vita su pianeti come Marte.