Tocco da Casauria è un paesino dei Monti dell’Abruzzo. da una parte la Majella, dall’altra il mare, il vento non manca mai tant’è che un detto popolare di qui recita “Tocco senza vento, diavolo senza denti” a sottolineare l’inalienabilità della ventilazione. E’ un piccolo borgo rurale, profondamente legato all’agricoltura, in particolare all’olivicoltura ed alla pastorizia.
Vi abitano, oltre al vento, 2.700 anime e molte pecore. Nel 1836 qui venne scavato il primo pozzo petrolifero d’Italia ma oggi Tocco non cerca più energia nera e profonda tanti metri nel sottosuolo ma cattura quella trasparente, rinnovabile del suo vento a 60 metri d’altezza.
Qua 4 torri eoliche che girano 24 ore al giorno forniscono l’energia necessaria a coprire la richiesta di tutto il paese, sino alle aziende più a valle. Il comune ha energia da vendere e la vende alla Fera, la società che ha costruito e messo in opera le torri, in questo modo guadagna in un anno 170 mila euro (il 7% del suo bilancio comunale) e può assumere due spazzini, riparare i danni che il terremoto dell’Aquila ha provocato alla scuola elementare e tenere basso il costo che i genitori devono pagare per la mensa scolastica. Davanti a questi argomenti non c’è bisogno di essere ecologisti.
Da tempo si rincorreva il vento di Tocco, precisamente dal 1989, anno in cui l’UE lo designa quale primo paese per la sperimentazione sull’eolico, anno in cui vengono messe a dimora due torri che parevano avveniristiche. Quelle due prime grandi girandole fecero flop: tanto rumore per nulla, in tutti i sensi. Producevano poco (circa il 15% dell’energia necessaria ai toccolani) e facevano molto rumore, dallo zum, zum, zum ritmico si è passati ad un sibilo lieve e continuo dal 15% per cento di produzione ad un sovrappiù portatore di ricchezza. La nemesi del paesino, che dal petrolio è passato all’eolico senza farsi scoraggiare dal primo fallimento, è una storia tanto affascinante da conquistare l’attenzione del New York Times. Addomesticato Eolo i toccolani ci provano anche col sole, ci provano in particolare un pastore, un sindaco ed un professore… Sembra una fiaba e forse lo è.
Il pastore ha rivestito di pannelli il tetto della stalla dove ricovera 300 capi, e le sue spese per la corrente che alimenta i frigo per il formaggio e per la luce sono scese da 400 euro al mese a 150.
Il sindaco ci ha rivestito i tetti del magazzino cimiteriale e, in attesa di ripagare i 21.000 euro costati per l’installazione e far guadagnare al comune dalla vendita di energia pulita, i cittadini ricevono un piccolo immediato beneficio: non pagano più il lumino per i cari estinti.
Il professore in pensione, invece, li ha messi sul tetto del suo agriturismo nel quale riceve clienti che in tempi non sospetti per l’eolico se ne scappavano davanti alle prime due rumorose pale, e che ora sono ben felici di avere una visuale d’eccezione sui monumenti che hanno reso il paesino famoso.
Sempre sui tetti, mai a terra, mai ad inaridire il suolo e competere paesaggisticamente con le olivete o con i preziosi pascoli dai quali spuntano le Centerbe del liquore locale che permangono nelle note profumate dei formaggi del pastore. Tocco rispetta il suo paesaggio anche per le torri che non sovrastano lo skyline del crinale ma emergono da un versante coltivato ad uliveti.
È nella sapienza del contadino interpretare le potenzialità dell’ambiente (corema), e metterle a frutto con l’ingegno plasmando un’unità di paesaggio (iconema) che è la più efficiente espressione delle potenzialità del luogo. Sarà stolto il contadino che cercherà di piantare l’olivo in montagna, come chi alzerà una pala eolica senza consultare la carta dei venti né fare prima lunghi rilievi di indagine sulla costanza del vento con gli anemometri.
A Tocco le pale non seguono la moda, ma il vento, non sono figlie della speculazione, ma fanno guadagnare. A Tocco le pale girano sempre e producono benefici. A Tocco de Casauria le pale non sono più belle che altrove, sono semplicemente più giuste. Sono ormai potentemente storicizzate e fissate nella memoria collettiva, sono presenti nei disegni dei bambini. Nel paesaggio emergono come quattro totem che danno corpo e consistenza al genius loci, che stanno alla celebrazione del vento come gli obelischi stavano a quella del dio sole e che, come gli obelischi, fungono da riferimenti visivi che incardinano l’orientamento nelle mappe cognitive dei locali e che fungono da landmark, elemento di riconoscibilità per chi viene da lontano, talmente potente da esser visto dalla lontana America.
[Fonte: settegreen.it]
catello soccavo 8 Dicembre 2010 il 7:49 am
Due domande retoriche.
Con quali soldi sono state finanziate le pale (Guardate il servizio su Report RAI3 “Girano le Pale”)?
Ovviamente con i soldi degli ignari contribuenti! Che pagano quattro volte in più la riduzione della CO2 con le lobby rinnovabili rispetto alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti.
E’ necessario deturpare l’ambiente con questi eco-mostri?
Certamente per gli eco-ignoranti!
Paola Pagliaro 8 Dicembre 2010 il 8:05 pm
Sulla riqualificazione energetica sono d’accordo con te, ma riguardo al deturpare l’ambiente delle pale credo sia molto più antiestetica una centrale a carbone!
Serena Savelli 9 Dicembre 2010 il 1:03 am
@ catello soccavo:
Come scienziato forestale e architetto paesaggista sono molto sensibile alla questione dell’impatto visivo e come cittadino informato e grande fan di report so bene a cosa ti riferisci. Circa i finanziamenti per quanto riguarda il caso specifico della cittadina di Tocco mi sono limitata ad attingere alla fonte citata nell’articolo e non ho altre informazioni più specifiche. In linea generale sono fermamente convinta della necessità di tentare la via delle rinnovabili (unica alternativa plausibile) che poi la ricerca tecnologica possa far di meglio per quanto riguarda l’efficienza e l’estetica dei generatori eolici sono d’accordo con te.
catello 9 Dicembre 2010 il 10:25 pm
@ Paola Pagliaro:
Con la riqualificazione energetica, riducendo il fabbisogno di energia, non sono necessarie altre centrali a carbone.
Credo che sia da idioti mantenere su tutto il territorio nazionale dei colabrodi energetici (l’immenso parco edilizio esistente) e investire nelle Lobby Rinnovabili.
La riduzione della CO2 al popolo sovrano costa, a sua insaputa – si veda la componente A3 citata nel servizio di Report “Girano le pale “- il 350-400% in più della riqualificazione energetica!
Vi invito a leggere l’articolo “Le lobby rinnovabili” sul mio sito http://www.studiosoccavo.it e i prossimi articoli che saranno pubblicati.
Paola Pagliaro 10 Dicembre 2010 il 1:05 pm
Vero, come è vero che se ne parla meno delle rinnovabili malgrado sia fondamentale per il risparmio energetico e di conseguenza una riduzione delle emissioni. Raccolgo volentieri l’invito alla lettura. Saluti.
catello 15 Dicembre 2010 il 5:09 pm
Vi segnalo questo articolo.
Il fotovoltaico per la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera: davvero conviene?
http://www.edilclima.it/it/normativa/scheda.php?id=11056