Il 18 ottobre prossimo a Palazzo Vecchio (Firenze) sarà presentato da Legambiente il XVII rapporto Ecosistema Urbano. I sindaci delle città capoluogo di provincia, esponenti di Publiacqua s.p.a., dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia ed i responsabili dei coordinamenti di Agenda 21, si daranno appuntamento per analizzare la fotografia del funzionamento ambientale delle città Italiane, discutere le “pagelle” assegnate ai vari centri ed organizzarsi per migliorare la città di domani. Come scrive l’antropologo francese Marc Augè
Le luci della città brillano ancora.
E’ della stessa idea Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale Legambiente che scriveva nell’introduzione al rapporto Ecosistema Urbano sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia, presentato lo scorso anno, che:
già in altre epoche l’Italia è stata salvata dai Comuni, certo non sarà come ai tempi del Barbarossa, ma davvero oggi l’Italia ha qualche motivo in più per puntare sulla capacità di iniziativa dei propri sindaci, per affidarsi alle capacità e alla possibilità degli amministratori locali di risolvere i problemi.
Le città in continua, vorace crescita, stanno distruggendo l’ambiente d’intorno, i filamenti urbani si stanno saldando con quelli dei centri vicini, la città diffusa e lo sprawl si sparpagliano sciattamente nelle nostre campagne come in quelle di buona parte del mondo (fanno eccezione Paesi virtuosi dove la pianificazione urbanistica riesce a dare un disegno razionale e funzionale al margine della città, come l’Olanda e la Germania). Tale tendenza alla suburbanizzazione con la conseguente dispersione dei luoghi di abitazione, di lavoro e di ricreazione comporta un’accresciuta domanda di trasporto.
Le basse densità abitative delle periferie ostacolano, dove ce ne sarebbe più bisogno, l’offerta di servizi di trasporto collettivo adeguato, scoraggiando anche quanti vorrebbero fruire dei mezzi pubblici con l’inadeguatezza del servizio. Se si pensa che 1/3 delle emissioni di CO2 sono prodotte dal sistema dei trasporti e che 4/5 degli spostamenti avvengono in ambito urbano per distanze di pochi chilometri, si comprende quanto sia importante la razionalizzazione ed il buon funzionamento del sistema dei trasporti pubblici e come i sindaci italiani abbiano una grande responsabilità nella lotta ai cambiamenti climatici. Pur non essendo confortati da leggi ed investimenti nazionali molti sindaci non hanno fatto di ciò un alibi. Hanno moltiplicato le corsie preferenziali, hanno inventato il car sharing ed il bike sharing, ed introdotto il ticket anche in aree esterne ai centri storici. Si dovrebbero progettare imponenti e capillari reti di piste ciclabili, ma in questo siamo lungi dai buoni risultati. In Italia infatti la totalità delle piste ciclabili di tutte le città è inferiore ai chilometri messi insieme da Helsinki, Vienna e Copenaghen.
L’auto in Italia rimane ancora il principale vettore degli spostamenti urbani. A Roma, con le sue due linee metro (più una terza in costruzione) si registra una tragica situazione di 70 macchine per 100 abitanti, contro le 30 di Londra e Parigi dove l’Underground ed il Metrò raggiungono capillarmente banlieue e periferie. Ma il problema della mobilità non lo si può risolvere senza frenare lo sviluppo incontrollato della città. Si dovrebbe intraprendere la coraggiosa scelta di impedire la cementificazione selvaggia (331.000 unità abitative solo nel 2006, di cui 30.000 circa abusive, 7.000 capannoni, 47 mil di tonnellate di cemento, pari a 813 kg a testa, contro una media europea di 625 kg) ed obbligare al recupero dei volumi esistenti ed alla loro riqualificazione energetica che, sostiene Cogliati Dezza, è la vera grande infrastruttura che può far bene all’economia e al clima rendendosi volano e catalizzatore per la ricerca e l’impresa.
Della stessa idea è Alberto Fiorille, Responsabile Aree Urbane di Legambiente che contrappone ai rinascenti progetti delle eco-cities e delle green-cities, che si stanno portando avanti in stati in profonda crisi ambientale (ad esempio la Cina) che con grande dispendio di suolo e col rischio di non avere un’anima, la necessità di riqualificare energicamente e ridensificare i centri urbani. Fiorile afferma però che le nuove utopie urbane non debbono essere demonizzate in quanto “hanno il merito di rappresentare l’avanguardia di un generale ripensamento edilizio e infrastrutturale e di un nuovo modo di guardare alle nostre città (quelle che già ci sono)”.
Oltre all’impatto della mobilità ed agli incrementi di volumi edificati il rapporto Ecosistema Urbano tiene conto di una serie di altri parametri tra cui
- la presenza di isole pedonali
- la presenza di ztl
- la produzione e la percentuale di riciclo dei rifiuti
- la depurazione degli scarichi civili
- i consumi idrici e le perdite della rete idrica
- il verde urbano fruibile
- le politiche energetiche
- l’eco management, misura della capacità che hanno le amministrazioni di rispondere alle criticità ambientale attraverso le proprie scelte di gestione
- la pianificazione e partecipazione ambientale
Questi parametri, valutati in percentuale, danno un punteggio massimo di 100% che non può essere effettivamente raggiunto in quanto corrisponde ad una ipotetica città ideale. L’anno scorso erano ai vertici della classifica Belluno con un punteggio di 74%, Siena (dove il “Buongoverno” ha lunga tradizione) con 70%. Firenze si posizionava quindicesima con 61% e poco sotto Genova e Bologna. Drammatica è la situazione al sud Italia e nel Lazio dove Frosinone ha l’imbarazzante primato di città meno sostenibile d’Italia con un 28%. Meglio faceva Napoli con 43% superata da una Roma divorata dal traffico ma salvata dalla quantità di aree verdi, con il 48%. Rispetto alla precedente edizione la media nazionale era migliorata di un punto, da 50 a 51, ancora lontana da quella di molte città d’Europa. Attendiamo ora di vedere cosa il coraggio, la creatività, la lungimiranza dei nostri sindaci e la sensibilità di noi cittadini è riuscita a fare.
[Fonte: Legambiente]
lucio 16 Ottobre 2010 il 6:52 pm
in attesa che la crisi edilizia colpisca l’italia quei maledetti filamenti urbani si stanno mangiando ettari di territorio agricolo o peggio… io mi chiedo, come è possibile che nuovi quartieri crescano come funghi in assenza totale di regole? chi è talmente stupido da andare ad abitare in una periferia fatta di villini riprodotti a stampo senza l’ombra di un mezzo pubblico e con le strade intorno sempre intasate? la qualità urbana andrebbe misurata zona per zona…
Paola Pagliaro 16 Ottobre 2010 il 10:20 pm
Costruire nuove case in periferia costa meno che riuscire a piazzare quelle vecchie e costose e VUOTE che popolano le metropoli… che spreco!