Le alghe, già venute alla ribalta per la produzione di biocarburanti, potrebbero essere utilizzate ora per rimuovere azoto e fosforo nel deflusso dei reflui zootecnici, secondo una ricerca effettuata all’Agricultural Research Service (ARS). Ciò potrebbe dare ai gestori dei parchi una nuova opzione eco-friendly per ridurre il livello degli inquinanti che contaminano i terreni agricoli tramite acque reflue nella Baia di Chesapeake.
Il microbiologo Walter Mulbry lavora all’ARS di Beltsville (Maryland), vicino al bacino Chesapeake Bay. Nel 2003, Mulbry costruì quattro tappeti erbosi algali ruvidi (ATS), in forma di canalette, fuori dalle stalle delle mucche. I canali superficiali erano coperti con una rete di nylon che ha creato un terreno ideale per la crescita delle alghe.
Nei successivi tre anni, da aprile a dicembre, una pompa sommersa nell’acqua posta alla fine delle canalette faceva circolare una miscela di acqua dolce e latte crudo o anaerobicamente digerito nel corso degli effluenti delle alghe. Entro due o tre settimane dopo che il sistema ATS era stato avviato, le canalizzazioni sostenevano fiorenti colonie di alghe verdi filamentose.
La produttività delle alghe è stata più alta in primavera ed è diminuita durante il periodo estivo, in parte a causa delle temperature dell’acqua più elevata ed anche perché la condizione delle canaline permetteva alle lumache e larve di moscerino di formarsi e svilupparsi. Mulbry e il suo collaboratore hanno poi raccolto le alghe ogni 4-12 giorni in secchi, ed hanno successivamente analizzato la biomassa per i livelli di azoto e fosforo. I loro risultati indicano che il sistema ATS ha recuperato il 60-90% di azoto e dal 70 al 100% del fosforo dagli effluenti del letame. Hanno inoltre calcolato che il costo di questo recupero è paragonabile ad altre pratiche di gestione del letame, circa 5-6 dollari per ogni libbra di azoto (7-9 euro al kg) che è stato recuperato e circa 25 dollari per ogni libbra di fosforo (40 euro al kg) recuperato. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Bioresource Technology.
[Fonte: Sciencedaily]
Jim 1 Marzo 2017 il 2:18 am
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